Intervista con Gabriella Mafara: TUTTO IL SETTORE VA RINNOVATO

La dottoressa Maria Gabriella Mafara è una nota agente impegnata sul territorio internazionale, attualmente collabora con Opera4u.com di Vienna. L’abbiamo contattata per avere una sua opinione in merito alla difficile situazione creatasi a livello globale nel mondo del teatro lirico.

a cura di Roberto Cucchi


  • Dottoressa, per prima cosa le domanderei a quale percentuale ammonta il calo del giro d’affari nella sua agenzia?

Il calo del nostro giro d’affari corrisponde a quello dell’intero settore. È ancora presto per quantificare. Nei mesi di lockdown da marzo ad aprile abbiamo sofferto meno che nei mesi successivi, cioè da maggio in poi. Più si protrarrà la crisi, più calerà il nostro giro d’affari. All’ultima conferenza stampa il cancelliere Sebastian Kurz ha detto che non è pensabile un ritorno alla normalità prima dell’estate. Il numero di contagi in Austria sta raggiungendo picchi altissimi, ieri (4 novembre) abbiamo avuto 6.901 nuovi contagi e oggi sono addirittura 7.416, aumentano anche i decessi e i malati ricoverati in terapia intensiva. Si sentono suonare le sirene delle autoambulanze a tutte le ore. Lo scenario prospettato dal cancelliere mi pare alla luce dei fatti sempre più probabile. Non credo purtroppo nel miracolo della riapertura dei teatri a Natale. Dall’inizio della crisi, i teatri sono stati i primi a chiudere e saranno purtroppo gli ultimi a riaprire. A mio parere, possiamo ritenerci davvero fortunati se ci sarà una riapertura a gennaio. E comunque con tutti i protocolli da rispettare per evitare i contagi, si potranno fare solo versioni di opere ridotte, in forma di concerto o programmi alternativi.

  • Al momento in Italia gli spettacoli sono chiusi “solo” al pubblico, questo rappresenta uno spiraglio di luce per gli artisti che potrebbero trovare delle scritture in produzioni che verrebbero trasmesse online; ciò nonostante all’orizzonte si profila l’ipotesi di un nuovo lockdown generale che di fatto renderebbe difficilmente applicabili anche questi palliativi. In Italia i contratti non prevedono remunerazioni per i periodi di prova, quasi che questi non fossero lavorativi, e quando si dovesse verificare la chiusura prima dell’andata in scena, si vedrebbero persi ogni sforzo ed investimento di tempo e denaro da parte degli artisti. È possibile una forma di tutela che garantisca i compensi, ivi incluse le spettanze delle agenzie, anche nel malaugurato caso che lo spettacolo non vada in scena? Come si comportano i teatri in altre realtà europee?

La situazione di tutti i lavoratori dello spettacolo dal vivo è piuttosto drammatica anche qui in Austria. Non posso dare un quadro preciso di tutte le realtà europee, posso più o meno illustrare la situazione dei teatri nell’area di lingua tedesca.

Gli artisti più tutelati sono ovviamente quelli a contratto fisso, che fanno parte dell’ensemble di un teatro. A loro è stato garantito fino al 95% dello stipendio durante la prima ondata di Covid (le percentuali variavano da teatro a teatro). Anche tutti i manager dipendenti a tempo pieno sono trattati come qualsiasi altro impiegato. Qui in Austria per evitare i licenziamenti si è trovata a partire dallo scorso aprile la soluzione del Kurzarbeit (lavoro ridotto). Si tratta di una soluzione temporanea, che vale perciò per un periodo di tempo limitato, e può riguardare tutti o soltanto una parte dei lavoratori di un’impresa in difficoltà economica. A fronte di una prestazione di lavoro a tempo parziale, i dipendenti accettano la perdita di una quota di reddito, finanziato dallo Stato. Invece di licenziare, in questo modo la società può mantenere dipendenti qualificati e formati, conservando il loro know-how aziendale. Questa soluzione non vale però per le imprese individuali e per gli imprenditori.

 Anche gli artisti freelance sono purtroppo meno tutelati malgrado nei teatri dell’area tedesca e anche in diversi paesi dell’est, ad esempio in Repubblica Ceca, i contratti degli artisti prevedano oltre al pagamento di un cachet a recita, un compenso forfettario per le prove e in molti casi sia prevista anche la copertura delle spese di viaggio e alloggio. Anche i teatri francesi rimborsano solitamente un viaggio di andata e ritorno. Se la produzione viene dunque interrotta, cancellata o posticipata, come è accaduto a causa del  Covid, gli artisti vengono sollevati almeno dalle spese vive. Il compenso delle agenzie, lavorando come ben si sa a provvigione, è legato a quello dell’artista, per cui se l’artista riceve oltre alla copertura delle spese anche una compensazione per le recite cancellate, che può variare da teatro a teatro, anche noi agenti riceviamo la nostra commissione su quel compenso. Con la prima ondata di Covid è scoppiato il caos. Alcuni teatri hanno rimborsato le recite al 100%, soprattutto in Svizzera e qualcuno in Francia, altre istituzioni non hanno previsto nessun rimborso, altre ancora hanno semplicemente posticipato o rinviato la produzione e/o il concerto. Alcuni teatri tedeschi e austriaci hanno creato un modello progressivo, cioè hanno rimborsato i cachet più bassi fino al 90% e via via quelli più alti in percentuale minore. Una forma di tutela che garantisca i compensi degli artisti, ivi incluse le spettanze delle agenzie, è auspicabile, ma nella realtà dei fatti difficile da realizzare. Nei primi mesi della crisi erano tutti più disponibili a collaborare. Poi via via abbiamo notato che le clausole di cancellazione nei contratti diventavano più stringenti e vessatorie per gli artisti, probabilmente per timore di una nuova ondata  pandemica. Inoltre a causa di riprogrammazioni, recuperi di contratti precedenti e slittamenti vari sono state cancellate diverse produzioni della stagione 2020/21, cancellazioni che non possono più essere giustificate con motivazioni riferibili a presunte cause di forza maggiore, di fatto esauritesi con l’avvio della Fase Due della prima ondata. In questo caso non tutti i teatri hanno previsto compensi,  rimborsi o recuperi di altro genere.  

  • In Italia gli aiuti governativi nei riguardi degli artisti sono stati davvero insufficienti. Ad oggi li si può quantificare in 1.200/1.800 euro cui si aggiungeranno forse ulteriori 1.000 euro nel mese di novembre, assoggettati ad un minimo di 7 crediti giornalieri ed un tetto di fatturato non superiore ai 35.000 euro annui (una platea allargata solo in seguito alle innumerevoli proteste degli operatori del mondo dello spettacolo). Sfido chiunque a sopravvivere per 8 mesi con questi soldi. Succede la stessa cosa anche nel resto d’Europa?

Anche in questo caso, posso rispondere solo per Austria e Germania. Succede la stessa cosa anche qui purtroppo. Come dicevo sopra, a parte i manager in “Kurzarbeit” e gli artisti fissi nei teatri, tutti gli altri artisti freelance e i manager di imprese individuali navigano nella più totale incertezza. Gli artisti freelance hanno ricevuto nella prima ondata del Covid una sorta di Soforthilfe (aiuto d’emergenza). Nella seconda ondata di Covid la Germania ha chiuso teatri, cinema e musei, già alla fine di ottobre e l’Austria si è accodata a partire dal 3 novembre. Anche in Svizzera alcuni cantoni hanno cancellato le recite già alla fine di ottobre. Ma si sono tenute ancora delle recite sia in Germania che in Austria fino agli inizi di novembre e in teatro gli artisti fanno le prove. Ad ogni buon conto I teatri resteranno chiusi fino alla fine di novembre e non ci saranno recite con pubblico. Al fine di compensare la perdita di reddito nel settore della cultura e degli eventi, le persone colpite riceveranno in Germania un fiktiver Unternehmerlohn, cioè un “salario fittizio da imprenditore”. Questo sarà versato dallo stato durante il blocco parziale di novembre. Il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, ha annunciato lo scorso mercoledì che le aziende culturali riceveranno il 75% del loro fatturato come aiuto diretto a novembre. I freelance potrebbero scegliere di utilizzare come base il giro d’affari di novembre 2019 o la retribuzione mensile media dell’anno precedente. Questo in linea con la realtà di vita di tanti creativi e operatori culturali per i quali dice Seibert “può esserci un mese in cui non c’è stato fatturato”. Ha sottolineato inoltre che gli aiuti di Stato sono disponibili anche per coloro indirettamente colpiti dalle chiusure legate al Coronavirus. Sono idonee tutte le aziende che generano regolarmente l’80% del loro giro d’affari con le strutture che sono ora chiuse. Questo è molto importante per la cultura perché c’è un gran numero di gente che lavora dietro le quinte, senza che il pubblico lo veda. Purtroppo, in Austria si sta ancora discutendo se adottare lo stesso provvedimento della Germania. Gli aiuti verranno forniti sicuramente agli addetti ai lavori direttamente colpiti dalla chiusura dei luoghi di spettacolo, ma se il sussidio sarà versato anche a chi è stato indirettamente colpito, come agenti e fornitori, non è ancora certo.  

  • Oggi in Italia ci sono state manifestazioni in svariati capoluoghi di regione. Il sindaco di Milano Beppe Sala si è rivolto ai manifestanti chiedendo loro di rivolgersi alla Prefettura, in quanto gli interventi necessari non rientrerebbero nelle sue possibilità. Di fatto, a suo dire, gli è consentito investire ma non assistere persone e famiglie. Il Governo ha dunque delegato ai comuni la responsabilità sulle chiusure senza fornire gli strumenti per sostenere le persone che versano in gravi difficoltà. “Una situazione che non durerà sei giorni, ma almeno sei mesi…”, sono state le sue parole “…in attesa di un vaccino che non c’è”. In tutto questo c’è qualcosa che teatri e agenzie possono fare? Si riesce, se non nell’immediato, almeno a pianificare una stagione per il 2021 o 2022?

Per quel che mi riguarda la stagione 2021 è ormai da dimenticare. Da un lato predomina l’incertezza sulla riapertura dei teatri da dicembre 2020 in poi. Questo stato di incertezza, a mio parere e spero di sbagliarmi, si prolungherà fino a marzo. Dall’altro i teatri devono recuperare molti contratti e produzioni. I giochi quindi sono fatti. Bisogna concentrarsi sul futuro. Sul 21/22 e sul 22/23. Le istituzioni con le quali lavoriamo stanno programmando e ci arrivano anche diverse richieste. So che non è di grande conforto, ma bisogna aggrapparsi al futuro. Sono certa che da marzo 2021 in poi l’attività pian piano riprenderà. Ovviamente ci saremo lasciati alle spalle morti e feriti. Ma il nostro è un settore in crisi da tempo, e su questo bisogna riflettere. Abbiamo già dovuto affrontare una grande crisi nel 2008. Da quell’anno in poi tante cose sono cambiate nel settore dello spettacolo dal vivo, chi ha saputo rinnovarsi o ha compreso le nuove tendenze e logiche di mercato è riuscito anche ad affermarsi, altri seguendo vecchi stereotipi hanno cominciato ad arrancare. La pandemia scoppiata nel 2020 ha inferto il colpo di grazia ad un settore molto malato e che necessita un totale rinnovamento.

  •  Trova giusto che il Governo abbia garantito ai teatri dall’ottanta al cento per cento del Fondo Unico per lo Spettacolo senza obbligo di rendicontazione, pur sapendo che in tal modo sarebbe arrivato poco o nulla agli artisti?

 È difficile rispondere a questa domanda. Diversi teatri versano in gravi difficoltà, sono istituzioni non facili da gestire e con equilibri interni molto complessi. Dipendono poi quasi totalmente dai finanziamenti pubblici. Gli artisti sono tanti e oggi più che mai funziona lo star system. Per fare audience, attirare la stampa bisogna avere dei nomi o dei titoli accattivanti. In estate si è cercato di dare un segnale positivo di ripresa e produrre, ma con immensa difficoltà e con tante limitazioni. Rendere giustizia e venire incontro alle esigenze di tutti gli artisti non è possibile in tempi normali di produzione, figuriamoci in un periodo di crisi. Posso sembrare disillusa o cinica ma quando la nave sta per affondare ci si aggrappa a chi ti tira su e non a chi ti tira giù.

  •  Tornando agli spettacoli chiusi al pubblico, peraltro privati degli incassi derivanti dalla bigliettazione, avete riscontrato come agenzia un sensibile beneficio?

 Nessun beneficio.

  •  A suo avviso cosa si potrebbe fare per gestire meglio questa difficile situazione?

 Tutto il settore va rinnovato. Ci vogliono idee nuove, fresche e al passo coi tempi. Bisognerebbe dare più spazio alla musica contemporanea (vedi per esempio il successo riscosso dal Canto della rinascita organizzato dalla Società del Quartetto), creare cartelloni più coraggiosi e pubblicizzarli con tecniche innovative, trovare sponsor. Ma per parlare di questo argomento ci vorrebbe un’altra intervista. Per concludere non credo proprio che alla lunga lo streaming o il cosiddetto Netflix dell’opera possa essere una soluzione a sostegno dello spettacolo dal vivo. Può funzionare solo in questo periodo di crisi e anzi trovo coraggiose le iniziative di alcuni teatri, come il Coccia di Novara per fare un altro esempio. Lo spettacolo però per essere dal vivo ha bisogno di pubblico in carne e ossa, di gente che viva una condivisione e che respiri insieme, di quel brivido che si prova nell’attimo prima che si spengano le luci. Trovo che sia un momento magico ed è forse quello che più mi ha sempre fatto amare il teatro. Bisognerebbe sfruttare questo periodo di profonda crisi per attuare un cambiamento radicale. Ma questo cambiamento bisogna volerlo e abbiamo bisogno dei politici giusti che ci aiutino ad attuarlo.  

  • Ci sono stati casi di contagio tra gli artisti da voi rappresentati?

 Nessuno. A Brno in Rep. Ceca hanno sospeso le prove perché un cantante era risultato positivo al tempone. Hanno fatto subito tamponi a catena e dopo qualche giorno era tutto nuovamente a posto e hanno ripreso a provare. Sono quindi andati normalmente in scena. Solo che dopo due settimane, la seconda metà di ottobre hanno dovuto chiudere il teatro perché in tutto il paese aumentavano i contagi.

  • “I teatri sono luoghi sicuri” è lo slogan portato in manifestazione oggi a Milano. Ritiene che lo siano davvero e che si possa fare qualcosa per aumentare ulteriormente la sicurezza nei teatri?

 È vero. Sono stata a Parma a inizio ottobre per un concerto e mi sono sentita del tutto sicura, tutti con la mascherina, ci hanno fatto entrare e uscire in maniera molto ordinata. Gli spettatori erano molto disciplinati. Poi, arrivata a Bologna ho assistito ad una movida come non la vedevo da tanto tempo. Tutti in strada ammassati e senza mascherina. Non ho altro da aggiungere.

Vienna 6 novembre 2020

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