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Intervista su Nello Santi con Cristian Sandu, a cura del prof. Paolo Bosisio<\/span><\/h1>\n
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Innamoratosi dell\u2019opera e del belcanto fin dall\u2019adolescenza ascoltando i vinili dei suoi genitori, Cristian Sandu sognava da allora di intraprendere studi musicali per diventare cantante lirico e direttore d\u2019opera. Ottenuta la Laurea in musicologia, direzione di coro, direzione d\u2019orchestra, \u00a0e conseguito il Phd con una tesi sull\u2019opera italiana nell\u2019epoca del verismo, Cristian Sandu \u00e8 attualmente direttore d\u2019orchestra e docente universitario presso l\u2019Accademia di Musica di Cluj Napoca in Romania. La sua attivit\u00e0 di direttore lo ha spesso condotto lontano dalle scene operistiche rumene per esibirsi in molti paesi in Europa, Asia, America del Sud ed Estremo Oriente. A lui ci siamo rivolti per ottenere un ricordo del grande maestro Nello Santi, recentemente scomparso.<\/em><\/p>\n

\"\"<\/strong>Come hai conosciuto il maestro Nello Santi?<\/em><\/p>\n

Mi ricordo come fosse ieri l\u2019emozione che provai entrando per la prima volta nel camerino di Nello Santi, proprio come se mi stessi presentando per sostenere un esame importante. Era il febbraio 2016, in occasione delle prove di\u00a0Norma<\/em>\u00a0al Teatro San Carlo di Napoli. \u00a0Il Maestro mi accolse con un sorriso paterno e mi offerse uno dei due panini che si era fatto consegnare dalla caffetteria del teatro. Fin dalle prime frasi si mostr\u00f2 molto amichevole, estremamente interessato a conoscere il giovane collega che gli faceva visita, e disponibile a rispondere volentieri alle domande che io andavo ponendogli su artisti, teatri e orchestre. Il suo gesto amichevole e la sua disponibilit\u00e0 mi sorpresero fino a lasciarmi senza fiato, consapevole com\u2019ero di trovarmi al cospetto di un grandissimo artista, ben pi\u00f9 che un direttore d\u2019orchestra, un mito e un gigante della sua professione, un uomo che avevo sempre desiderato come modello e maestro.<\/strong><\/p>\n

Cosa ha significato per te l\u2019incontro con Santi?<\/em><\/p>\n

\u00a0L\u2019incontro con lui ha rappresentato davvero per me una seconda nascita come musicista, artista e direttore d\u2019orchestra. Mi spiego. Innamorato dell\u2019Italia da sempre, della sua cultura, arte, civilt\u00e0, del suo spirito, della lingua e della musica, ho sempre sognato di poter vivere, conoscere e godere pienamente questo amore. In tale contesto, l\u2019incontro con il Maestro ha rappresentato per me la realizzazione di un sogno. E gli anni che ho potuto trascorrere vicino a lui sono stati per me anni di straordinario apprendimento, di soddisfazione e di gioia perch\u00e9 Nello Santi mi ha fatto dono delle sue pi\u00f9 profonde intuizioni e convinzioni artistiche. E ha facilitato il mio accesso a un modello di pensiero e di percezione davvero \u201citaliano\u201d in termini di voci, suono, colore, tradizione e interpretazione. I pensieri e le riflessioni che mi ha consentito di condividere non possono ovviamente essere trovati in nessun libro e non basta lo studio individuale per divenirne padrone. L\u2019esperienza che ho vissuto con il Maestro si \u00e8 fondata eminentemente sull\u2019aspetto pratico della nostra professione: le prove accanto lui, gli spettacoli, le passeggiate e le nostre lunghe conversazioni telefoniche hanno radicalmente modificato la mia percezione del teatro d\u2019opera, della musica, del mestiere e persino della vita.<\/strong><\/p>\n

\"\"Come descriveresti il Maestro Santi in prova e ci\u00f2 che ha portato di nuovo nella tua vita artistica?<\/p>\n

\u00a0Prima di tutto, partecipare alle sue prove era una vera delizia intellettuale e artistica. L\u2019opportunit\u00e0 unica di riscoprire una partitura che ero convinto di conoscere e che accanto lui sembrava tutta nuova. Grazie a una memoria fenomenale, Santi era il direttore assoluto: maestro concertatore e direttore d\u2019orchestra impegnato a preparare tutto a fondo, senza intermediari e senza spartito. Uno dei pochi direttori d\u2019orchestra rimasti della generazione dei grandi, che conosceva ogni nota, ogni indicazione musicale e ogni parola del libretto a memoria. Un maestro instancabile, sempre presente al lavoro di un solista, alle prove del coro, alle prove di sala, alle prove d\u2019orchestra e di regia. Un maestro cos\u00ec disponibile da scrivere di persona a mano le articolazioni e le arcate pi\u00f9 adatte al fraseggio e all\u2019espressione nelle parti degli archi. Attraverso una pausa, un accento, un colore, un suono, o una indicazione precisa, sapeva cambiare significati che nel tempo si erano standardizzati nella consuetudine. Paziente e disponibile, con un atteggiamento paterno, nei confronti di ciascun componente del cast, a prescindere dalla sua importanza, sempre sorridente e pronto a cercare e a offrire soluzioni, il Maestro era peraltro estremamente esigente, rigoroso e perfino duro quando si trattava di imporre il rispetto della partitura. Da lui ho imparato moltissimo: dalle soluzioni uniche offerte ai solisti o ai professori d\u2019orchestra fino ai modi ideali di porsi in termini di vocalit\u00e0, pronuncia, espressione, fraseggio e stile. Mi ricordo ancora i momenti di perplessit\u00e0 di alcuni cantanti che, tuttavia, seguendo le sue indicazioni, miglioravano progressivamente giorno dopo giorno, diventando infine irriconoscibili a loro stessi.<\/strong><\/p>\n

\u00a0Immagino che esistessero, oltre al lavoro comune, anche momenti di relax.<\/em><\/p>\n

\u00a0Certo. Mi ricordo particolarmente le lunghe cene durante le quali il Maestro, rilassato dopo le prove, arricchiva il men\u00f9 con aneddoti, storie deliziose e ricordi venati di nostalgia per i suoi luoghi natali che risvegliavano in lui il piacere di canticchiare canzoni in dialetto veneziano. Il suo umorismo e la sua ironia sottile si applicavano sempre al mondo della musica e in particolare dell\u2019opera. Tuttavia, anche nell\u2019atmosfera leggera di quei momenti conviviali, nomi come quelli di Votto, de Sabata, Guarnieri, Molinari-Pradelli, von Karajan o Mitropoulos erano ricordati con un rispetto e un\u2019umilt\u00e0 quasi religiosa, in cui si palesava la sua ammirazione nei loro confronti. Santi giudicava molto importante la conoscenza dell\u2019operato dei suoi grandi precursori e della storia interpretativa, rivelata dalla conoscenza approfondita di tutte le registrazioni esistenti fin dagli esordi. Grazie a lui ho scoperto le partiture annotate e commentate dal grande Toscanini, il suo modello di sempre, e anche quelle di Tullio Serafin, suo venerato precursore veneto.<\/strong><\/p>\n

\"\"<\/strong><\/p>\n

Nel mondo dell\u2019opera Santi \u00e8 riconosciuto come uno dei pi\u00f9 fedeli custodi della tradizione del canto lirico. Secondo te \u00e8 importante per un direttore d\u2019orchestra la padronanza personale degli elementi d\u2019emissione e tecnica vocale?<\/em><\/p>\n

\u00a0Non solo \u00e8 importante, ma addirittura essenziale, in quanto proprio quella padronanza pu\u00f2 fare la differenza nel formare, guidare e sostenere un cantante. Santi aveva il culto delle voci d\u2019opera. Era molto amato e apprezzato dai cantanti, dai quali era affettuosamente soprannominato\u00a0Pap\u00e0 Santi<\/em>\u00a0proprio per questo. Amava le voci, respirava con loro, le accompagnava come nessun altro e conosceva a fondo tutte le difficolt\u00e0, i possibili problemi, le trappole nascoste e le sfide di ciascun ruolo. Cos\u00ec come conosceva le versioni interpretative di tutti grandi artisti del passato e del presente. Era sempre in grado di trovare una soluzione per qualsiasi problema relativo alla tecnica o all\u2019interpretazione. Per questi motivi era ricercato, richiesto o addirittura imposto in alcuni cast. La sua leggendaria amicizia con Placido Domingo, il legame affettivo con Carlo Bergonzi che giudicava Santi \u201cil migliore di tutti\u201d<\/em>, forniscono testimonianza di questi rapporti di fiducia e sicurezza che il Maestro sapeva intessere con i suoi cantanti. Le prove con loro si trasformavano in autentiche lezioni di canto, fraseggio e stile, raddoppiate dalla profonda conoscenza delle voci. Il Maestro esigeva molta pazienza e perseveranza nella preparazione del ruolo che seguiva a un lavoro di analisi, scoperta e affinamento ininterrotto della partitura. La sua autorevolezza, il suo rigore, sempre accompagnati da gentilezza, generosit\u00e0 e cultura, lo hanno reso un direttore d\u2019orchestra con il quale nessuno sentiva il bisogno di consultare l\u2019orologio.<\/strong><\/p>\n

\u00a0Hai seguito Nello Santi soprattutto in Italia, al San Carlo, alla Scala, alla Fenice ma anche all\u2019Opera di Zurigo. Aveva un repertorio prediletto?<\/em><\/p>\n

\u00a0Ho beneficiato della sua esperienza e dei suoi insegnamenti nelle opere di Bellini, Rossini, Donizetti, Puccini, Mascagni e Leoncavallo, ma sono rimasto colpito soprattutto dall\u2019amore che il Maestro nutriva nei confronti di Verdi, il cui repertorio costituiva certamente il suo \u201ccavallo di battaglia\u201d mentre Verdi stesso era da lui considerato una sorta di padre putativo. Non \u00e8 un caso certamente che egli abbia voluto dare ai suoi due gemelli i nomi di battesimo Gianaldo e Giancarlo per onorare la sua amicizia con Aldo Protti e Carlo Bergonzi, cantanti verdiani per eccellenza. Ricordo che in Verdi richiedeva sempre un certo colore, un preciso accento o una sfumatura, che propri solo di quel tipo di repertorio: riusciva a ottenere colori e sfumature straordinarie (solo attraverso il lungo lavoro delle prove) attraverso spiegazioni estremamente precise in termini di ritmo, strumentalit\u00e0 o vocalit\u00e0. Le sue spiegazioni erano sempre accompagnate da dimostrazioni presentate cantando a voce piena quello che voleva ottenere. E il Maestro era in grado di eseguire una parte vocale o strumentale a una velocit\u00e0 straordinaria, dimostrando che le sue richieste erano legittime e perfettamente assolvibili. Le sue esigenze in termini di dinamica, accenti, pronuncia, legato o addirittura pause, conferivano un discorso estremamente fluente, organico e naturale. I cantanti sotto la sua bacchetta erano veramente entusiasti e le orchestre eseguivano vocalmente qualsiasi scrittura strumentale. Perfettamente calibrati, con un suono omogeneo e raffinato. Con Santi sul podio, ogni nota e battuta trovava il suo proprio tempo nell\u2019interpretazione.<\/strong><\/p>\n

\"\"Dicevi prima che Santi era un direttore d\u2019orchestra all\u2019antica. In che senso?<\/em><\/p>\n

\u00a0Santi intendeva il termine \u201ctradizione\u201d nel suo senso pi\u00f9 alto, e si riteneva un \u201ctradizionalista\u201d solo nel rispetto della partitura. Ma senza che ci\u00f2 significasse essere anacronistico! Era aperto al nuovo, ma guardava sempre verso quegli stilemi che avevano resistito alla prova del tempo. E in qualsiasi produzione o recita, moderna o classica, cercava sempre il significato della musica e della parola. Perch\u00e9 il rispetto della volont\u00e0 del compositore era da lui considerato come un atto di fede. Tanto che, nei casi in cui la situazione lo imponesse, il Maestro poteva arrivare a una vera guerra, pi\u00f9 o meno diplomatica, con i registi, allo scopo di difendere i diritti del compositore e della musica dal malcostume oggi diffuso nell\u2019assedio delle regie per colpa delle quali spesso la musica si riduce a un semplice sottofondo sonoro. In questo senso va interpretata l\u2019aderenza alla \u201ctradizione\u201d da parte di Nello Santi: la coscienza dell\u2019artista che individua uno stile, una scuola interpretativa o compositiva.<\/strong><\/p>\n

Tuttavia Nello Santi \u00e8 stato davvero il depositario della tradizione!<\/em><\/p>\n

\u00a0S\u00ec, \u00e8 vero, ma serve una spiegazione in pi\u00f9. Nella musica, e forse non solo in lei, la tradizione privata della conoscenza filologica dello stile si riduce a manierismo, a mero stereotipo, a plagi esteriori, obsoleti, e ormai privi di contenuto e dell\u2019essenza ideativa originale. Occorre ritornare alle radici di un linguaggio che si fa stile, ed \u00e8 esso stesso, secondo Nello Santi, il cuore stesso immutabile dell\u2019opera. Artisti preclari come Caruso, Cappuccilli, Bergonzi, Giaiotti, Pavarotti hanno saputo mantenere viva \u00a0la tradizione stilistica di un\u2019epoca, ringiovanendo la tradizione attraverso la propria sensibilit\u00e0, musicalit\u00e0 e visione. A mio avviso Nello Santi si pone come il punto di riferimento e di conclusione di un\u2019intera cultura precedente.<\/strong><\/p>\n

Qual\u2019\u00e8 il ricordo pi\u00f9 caro che di lui ti \u00e8 rimasto?<\/em><\/p>\n

\u00a0In un mondo in cui l\u2019orgoglio e la vanit\u00e0 si celano troppo spesso sotto le maschere dei personaggi, Nello Santi si distaccava soffermandosi su due parole: umilt\u00e0 e fede. Umilt\u00e0 di fronte al compositore, alla partitura, alla musica e alla gente. Fede nel lavoro, nello studio e nella propria sensibilit\u00e0. Onest\u00e0 e dignit\u00e0 nel pensiero, nelle parole e nelle azioni. Due concetti ispirativi che l\u2019hanno accompagnato per tutta la vita e che ha trasmesso a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di lavorare con lui. Fra i ricordi che mi ha regalato, il primo \u00e8 costituito da una delle sue bacchette che mi ha donato nel 2016, dopo la prima de\u00a0La Traviata<\/em>\u00a0alla Fenice. Una bacchetta in legno, lunga e robusta, l\u2019unico tipo di bacchetta con la quale dirigesse la sua musica. Il modello di bacchetta toscaniniana con la quale imprimeva alle orchestre robustezza, temperamento e dinamismo. Raddoppiati da una spontaneit\u00e0 e da un tempo di reazione rapidissimo, che fino dall\u2019inizio, sono diventati il marchio Santi. Il secondo ricordo \u00e8 una dedica olografica legata al nome e alla musica di Verdi, pensieri che voglio preservare nell\u2019intimit\u00e0 del mio cuore.<\/strong><\/p>\n

Come si ricorda oggi Cristian Sandu del suo maestro Nello Santi?<\/em><\/p>\n

\u00a0Nello Santi rimarr\u00e0 sempre il mio maestro e il modello a cui cercher\u00f2 di ispirarmi. Un artista e un uomo che per me ha significato l\u2019incontro definitivo e profondo con la lirica, lo stile e la tradizione italiane. Me lo ricorder\u00f2 sempre cos\u00ec come l\u2019ho conosciuto nel nostro primo incontro. Con il sorriso gentile del suo volto, gli incoraggiamenti indirizzati ai solisti della scena, il suo sguardo e il gesto con i quali ipnotizzava l\u2019orchestra, il suo umorismo vivo e sano, il rispetto e l\u2019umilt\u00e0 con cui si relazionava alla vita e alla gente. Dal custode del teatro fino all\u2019ultimo corista. Un modello di umanit\u00e0, saggezza e professionalit\u00e0, raddoppiato da un\u2019anima grande, piena di amore, generosit\u00e0 e comprensione per tutti coloro che hanno beneficiato della sua guida. E fra questi io stesso. Un incontro che avviene una volta nella vita, ma resta vivo per sempre, come lo spirito del Maestro. \u00a0E accanto a lui il mio cuore tiene stretti sua moglie, Gabriella, e il figlio Aldo, che mi hanno accolto nello spazio della famiglia e della casa Santi.<\/strong><\/p>\n

a cura del prof. Paolo Bosisio<\/p>\n<\/div>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Intervista su Nello Santi con Cristian Sandu, a cura del prof. Paolo Bosisio Innamoratosi dell\u2019opera e del belcanto fin dall\u2019adolescenza ascoltando i vinili dei suoi genitori, Cristian Sandu sognava da allora di intraprendere studi musicali per diventare cantante lirico e direttore d\u2019opera. Ottenuta la Laurea in musicologia, direzione di coro, direzione d\u2019orchestra, \u00a0e conseguito il Phd con una tesi sull\u2019opera italiana nell\u2019epoca del verismo, Cristian Sandu \u00e8 attualmente direttore d\u2019orchestra<\/p>\n

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