L’ambra rossa di Elīna, a cura di Nicola Salmoiraghi

Intervista con Elīna Garanča

 

Ha ottenuto un successo clamoroso nei panni di Eboli nel Don Carlo che ha inaugurato la stagione del Teatro alla Scala. È da anni una delle più brillanti personalità vocali dello star system lirico internazionale. Bellissima e duttile voce di mezzosoprano, partita con il repertorio belcantista e francese e ora approdata con successo a Verdi e Wagner, Elīna Garanča ha conquistato le platee dei tutto il mondo, oltre che con il suo indiscutibile talento, anche con il fascino di una presenza scenica che certo non si dimentica.

Tra una recita e l’altra del capolavoro verdiano ha risposto a qualche mia domanda sulla sua carriera e sui suoi progetti futuri

Nata come grande cantante belcantista, ora lei si è spostata verso un repertorio più drammatico. Come è stata l’evoluzione della sua vocalità?

“Mi considero fortunata che il mio corpo e la mia voce siano stati in grado di trasportarmi attraverso il repertorio, da Mozart a Wagner, con tutti i cambiamenti fisici che si devono affrontare per assumere i grandi ruoli. E, come nella vita, non sono solo miracoli, ma anche tante ore di duro lavoro. Inoltre non si può prevedere come la maternità cambi il proprio corpo e la propria voce: la mia è cambiata di colore, è diventata più rotonda e più scura. D’altra parte lo sviluppo del cantante è strettamente legato ai teatri e le offerte dei teatri spesso non arrivano al momento giusto; un cantante deve stare molto attento a scegliere quale ruolo si adatta davvero al suo attuale stadio di sviluppo vocale, semplicemente per non danneggiare la sua voce e, eventualmente, la sua carriera. Si può pianificare quanto si vuole, ma credo che la cosa più importante sia fare con attenzione un passo alla volta”.

photo©Brescia e Amisano

Se dovesse definire la sua voce, magari associandola ad un colore, come la definirebbe?

“È difficile dirlo dato che la mia voce si sta ancora sviluppando, ma ho sentito qualcuno paragonarla all’ambra rossa  ma… non è importante!” (ride).

C’è un personaggio del repertorio belcantistico che vorrebbe avere ancora nel suo repertorio?

“Con il tempo mi sono allontanata così tanto dai ruoli del belcanto che ci penso molto raramente, se non addirittura mai, e tanto meno quanto più mi avvicino e approfondisco sempre più i ruoli drammatici. Ma se potessi sceglierne uno solo per mantenere vivi i miei sogni di ragazza, sarebbe Angelina de “La Cenerentola”.”

 Che soddisfazioni le ha portato l’incontro con la vocalità di Verdi?

“La vocalità di Verdi mi ha sempre permesso di immergermi in ruoli ricchi di drammaticità e che mostrano la profondità delle loro emozioni. La sua musica offre un potente mezzo per esprimere la complessità e la passione di tutti i suoi personaggi, il che per me è un’esperienza artistica profondamente gratificante”.

Lei ha interpretato sia  Eboli che Amneris. Cosa la affascina di questi personaggi?

“Cantare Eboli e Amneris è come entrare in nuove vite, affascinanti. Il ruolo di Eboli è appassionato e conflittuale, guidato da emozioni ardenti, mentre la forza regale di Amneris, mescolata alla vulnerabilità, è qualcosa di davvero stimolante; per me diventare una delle due sollecita qualcosa di molto personale, è come svelare i segreti dei loro cuori. Questi personaggi per me non sono solo una performance sul palcoscenico; sia Eboli che Amneris mi soddisfano e mi sfidano ogni volta come cantante, attrice e donna”.

Ha avuto grande successo anche come Kundry in “Parsifal”. Pensa che arriveranno anche personaggi come Venus in “Tannhauser” o Ortrud in “Lohengrin” e come affronta la vocalità wagneriana?

“Il mondo wagneriano è ancora molto nuovo, pesante e magnifico per me; ci vorrà del tempo prima di capirlo abbastanza bene da poterlo attraversare con vera facilità. Il mio debutto previsto nel ruolo di Venus l’anno scorso purtroppo non è avvenuto a causa di complicazioni di salute, ma ad essere sincera tengo entrambe le partiture, “Tannhäuser” e “Lohengrin”, molto vicine al mio pianoforte…”.

Venendo all’opera francese, le piacerebbe cantare per sempre Carmen, Charlotte o Dalila? Se è possibile scegliere, ovviamente.

“È semplicemente impossibile rispondere a questa domanda. Potresti dire che mangeresti solo patate o pasta per il resto della tua vita? No, io non potrei! Ma in generale non ho interpretato nessuno dei miei ruoli più di cinquanta volte, perché credo che fare lo stesso personaggio in molte produzioni ne esaurisca la forza drammatica; c’è quindi tempo e spazio per i nuovi ruoli. Ma poiché sono intensamente impegnata anche nei concerti con orchestra e nei recital, artisticamente non mi definirei mai unicamente come cantante d’opera”.

photo©Ennevi

Hai mai pensato a certi ruoli del grand-opéra meyerbeeriano, un po’ falcon, come Valentine de”Les Huguenots”, Fidès de “Le Prophéte”, Sèlika de “L’africaine”?

“L’unico ruolo che ho preso in considerazione concretamente è stato quello di Valentine de”Les Huguenots”, dato che una nuova produzione a Londra era in discussione molto tempo fa, e anche se questa non è mai stato andata in porto, l’idea in quel momento era piuttosto intrigante”.

Canta già con successo Santuzza, e la sentiremo ancora alla Scala in questa stagione proprio in questo ruolo; altri personaggi del grande repertorio italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento?

“Ovviamente! La Principessa di Bouillon di “Adriana Lecouvreur”, nella quale ho debuttato nel 2021 alla Wiener Staatsoper, è già nel mio repertorio, e se tutto va bene la canterò nuovamente anche l’anno prossimo a Madrid; Laura de “La Gioconda” non è nel mio repertorio”.

Canterà Judith de “Il Castello di Barbablù” al San Carlo di Napoli. Nell’opera del Novecento pensa ci siano altri titoli che potrebbero stimolare la sua curiosità artistica?

“Lo spero davvero! (ride) Sono pochissimi i mezzosoprani che hanno Judith nel loro repertorio e ho accettato questo ruolo con assoluta eccitazione. Ma molto spesso non si tratta di pura curiosità, ma del viaggio che la mia voce può intraprendere. D’altra parte i miei gusti e il mio umore continuano a cambiare e il titolo che mi entusiasma oggi potrei trovarlo noioso il mattino dopo; solo una selezione ristretta di ruoli mi accompagna più a lungo. Ma sto facendo del mio meglio per svegliarmi ogni mattina con la mentalità aperta”.

Qual è il segreto di una buona tecnica di canto?

 “Vorrei poterle dire che ci sono segreti o magie dietro un buon cantante o una buona tecnica di canto. Ma non ce ne sono. Ho trascorso molte ore lavorando sodo da sola e ho investito molti soldi e tempo per lavorare con il mio insegnante: è un percorso infinito di tentativi ed errori. Anche adesso. Non ho mai smesso di studiare. Certamente bisogna nascere con determinate predisposizioni fisiche per diventare un bravo cantante e io sono stata fortunata, ma la genetica è solo una piccolissima parte di un grande mosaico”.

Crede che il suo innegabile appeal fisico e scenico l’abbia favorita in una carriera come questa, che oggi punta molto anche sull’immagine?

“Crede che i grandi teatri d’opera possano permettersi di ingaggiare cantanti soprattutto per la loro immagine?”.

Quali sono i suoi impegni futuri più importanti? Nuovi debutti?

“Il Castello di Barbablù” mi aspetta a Napoli nel maggio 2024 e in questo momento non cerco davvero altro. L’anno scorso è stato un anno molto impegnativo personalmente e anche artisticamente e per tenere i piedi ben piantati a terra cerco di concentrarmi solo su un passo avanti alla volta”.

 La rivedremo in Italia, magari anche alla Scala, nelle prossime stagioni?

“Tutta la primavera 2024 la trascorrerò in Italia. Sono estremamente felice e onorata di poter tornare alla Scala con un recital a marzo e solo poche settimane dopo con la mia Santuzza. Dopodiché il mio debutto nei panni di Judith mi aspetta al Teatro di San Carlo; quindi ci saranno molte opportunità per condividere la mia voce con gli amanti italiani della musica, con voi”.

Nicola Salmoiraghi

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