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Intervista con Elīna Garanča

 

Ha ottenuto un successo clamoroso nei panni di Eboli nel Don Carlo che ha inaugurato la stagione del Teatro alla Scala. È da anni una delle più brillanti personalità vocali dello star system lirico internazionale. Bellissima e duttile voce di mezzosoprano, partita con il repertorio belcantista e francese e ora approdata con successo a Verdi e Wagner, Elīna Garanča ha conquistato le platee dei tutto il mondo, oltre che con il suo indiscutibile talento, anche con il fascino di una presenza scenica che certo non si dimentica.

Tra una recita e l’altra del capolavoro verdiano ha risposto a qualche mia domanda sulla sua carriera e sui suoi progetti futuri

Nata come grande cantante belcantista, ora lei si è spostata verso un repertorio più drammatico. Come è stata l’evoluzione della sua vocalità?

“Mi considero fortunata che il mio corpo e la mia voce siano stati in grado di trasportarmi attraverso il repertorio, da Mozart a Wagner, con tutti i cambiamenti fisici che si devono affrontare per assumere i grandi ruoli. E, come nella vita, non sono solo miracoli, ma anche tante ore di duro lavoro. Inoltre non si può prevedere come la maternità cambi il proprio corpo e la propria voce: la mia è cambiata di colore, è diventata più rotonda e più scura. D’altra parte lo sviluppo del cantante è strettamente legato ai teatri e le offerte dei teatri spesso non arrivano al momento giusto; un cantante deve stare molto attento a scegliere quale ruolo si adatta davvero al suo attuale stadio di sviluppo vocale, semplicemente per non danneggiare la sua voce e, eventualmente, la sua carriera. Si può pianificare quanto si vuole, ma credo che la cosa più importante sia fare con attenzione un passo alla volta”.

photo©Brescia e Amisano

Se dovesse definire la sua voce, magari associandola ad un colore, come la definirebbe?

“È difficile dirlo dato che la mia voce si sta ancora sviluppando, ma ho sentito qualcuno paragonarla all’ambra rossa  ma… non è importante!” (ride).

C’è un personaggio del repertorio belcantistico che vorrebbe avere ancora nel suo repertorio?

“Con il tempo mi sono allontanata così tanto dai ruoli del belcanto che ci penso molto raramente, se non addirittura mai, e tanto meno quanto più mi avvicino e approfondisco sempre più i ruoli drammatici. Ma se potessi sceglierne uno solo per mantenere vivi i miei sogni di ragazza, sarebbe Angelina de “La Cenerentola”.”

 Che soddisfazioni le ha portato l’incontro con la vocalità di Verdi?

“La vocalità di Verdi mi ha sempre permesso di immergermi in ruoli ricchi di drammaticità e che mostrano la profondità delle loro emozioni. La sua musica offre un potente mezzo per esprimere la complessità e la passione di tutti i suoi personaggi, il che per me è un’esperienza artistica profondamente gratificante”.

Lei ha interpretato sia  Eboli che Amneris. Cosa la affascina di questi personaggi?

“Cantare Eboli e Amneris è come entrare in nuove vite, affascinanti. Il ruolo di Eboli è appassionato e conflittuale, guidato da emozioni ardenti, mentre la forza regale di Amneris, mescolata alla vulnerabilità, è qualcosa di davvero stimolante; per me diventare una delle due sollecita qualcosa di molto personale, è come svelare i segreti dei loro cuori. Questi personaggi per me non sono solo una performance sul palcoscenico; sia Eboli che Amneris mi soddisfano e mi sfidano ogni volta come cantante, attrice e donna”.

Ha avuto grande successo anche come Kundry in “Parsifal”. Pensa che arriveranno anche personaggi come Venus in “Tannhauser” o Ortrud in “Lohengrin” e come affronta la vocalità wagneriana?

“Il mondo wagneriano è ancora molto nuovo, pesante e magnifico per me; ci vorrà del tempo prima di capirlo abbastanza bene da poterlo attraversare con vera facilità. Il mio debutto previsto nel ruolo di Venus l’anno scorso purtroppo non è avvenuto a causa di complicazioni di salute, ma ad essere sincera tengo entrambe le partiture, “Tannhäuser” e “Lohengrin”, molto vicine al mio pianoforte…”.

Venendo all’opera francese, le piacerebbe cantare per sempre Carmen, Charlotte o Dalila? Se è possibile scegliere, ovviamente.

“È semplicemente impossibile rispondere a questa domanda. Potresti dire che mangeresti solo patate o pasta per il resto della tua vita? No, io non potrei! Ma in generale non ho interpretato nessuno dei miei ruoli più di cinquanta volte, perché credo che fare lo stesso personaggio in molte produzioni ne esaurisca la forza drammatica; c’è quindi tempo e spazio per i nuovi ruoli. Ma poiché sono intensamente impegnata anche nei concerti con orchestra e nei recital, artisticamente non mi definirei mai unicamente come cantante d’opera”.

photo©Ennevi

Hai mai pensato a certi ruoli del grand-opéra meyerbeeriano, un po’ falcon, come Valentine de”Les Huguenots”, Fidès de “Le Prophéte”, Sèlika de “L’africaine”?

“L’unico ruolo che ho preso in considerazione concretamente è stato quello di Valentine de”Les Huguenots”, dato che una nuova produzione a Londra era in discussione molto tempo fa, e anche se questa non è mai stato andata in porto, l’idea in quel momento era piuttosto intrigante”.

Canta già con successo Santuzza, e la sentiremo ancora alla Scala in questa stagione proprio in questo ruolo; altri personaggi del grande repertorio italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento?

“Ovviamente! La Principessa di Bouillon di “Adriana Lecouvreur”, nella quale ho debuttato nel 2021 alla Wiener Staatsoper, è già nel mio repertorio, e se tutto va bene la canterò nuovamente anche l’anno prossimo a Madrid; Laura de “La Gioconda” non è nel mio repertorio”.

Canterà Judith de “Il Castello di Barbablù” al San Carlo di Napoli. Nell’opera del Novecento pensa ci siano altri titoli che potrebbero stimolare la sua curiosità artistica?

“Lo spero davvero! (ride) Sono pochissimi i mezzosoprani che hanno Judith nel loro repertorio e ho accettato questo ruolo con assoluta eccitazione. Ma molto spesso non si tratta di pura curiosità, ma del viaggio che la mia voce può intraprendere. D’altra parte i miei gusti e il mio umore continuano a cambiare e il titolo che mi entusiasma oggi potrei trovarlo noioso il mattino dopo; solo una selezione ristretta di ruoli mi accompagna più a lungo. Ma sto facendo del mio meglio per svegliarmi ogni mattina con la mentalità aperta”.

Qual è il segreto di una buona tecnica di canto?

 “Vorrei poterle dire che ci sono segreti o magie dietro un buon cantante o una buona tecnica di canto. Ma non ce ne sono. Ho trascorso molte ore lavorando sodo da sola e ho investito molti soldi e tempo per lavorare con il mio insegnante: è un percorso infinito di tentativi ed errori. Anche adesso. Non ho mai smesso di studiare. Certamente bisogna nascere con determinate predisposizioni fisiche per diventare un bravo cantante e io sono stata fortunata, ma la genetica è solo una piccolissima parte di un grande mosaico”.

Crede che il suo innegabile appeal fisico e scenico l’abbia favorita in una carriera come questa, che oggi punta molto anche sull’immagine?

“Crede che i grandi teatri d’opera possano permettersi di ingaggiare cantanti soprattutto per la loro immagine?”.

Quali sono i suoi impegni futuri più importanti? Nuovi debutti?

“Il Castello di Barbablù” mi aspetta a Napoli nel maggio 2024 e in questo momento non cerco davvero altro. L’anno scorso è stato un anno molto impegnativo personalmente e anche artisticamente e per tenere i piedi ben piantati a terra cerco di concentrarmi solo su un passo avanti alla volta”.

 La rivedremo in Italia, magari anche alla Scala, nelle prossime stagioni?

“Tutta la primavera 2024 la trascorrerò in Italia. Sono estremamente felice e onorata di poter tornare alla Scala con un recital a marzo e solo poche settimane dopo con la mia Santuzza. Dopodiché il mio debutto nei panni di Judith mi aspetta al Teatro di San Carlo; quindi ci saranno molte opportunità per condividere la mia voce con gli amanti italiani della musica, con voi”.

Nicola Salmoiraghi

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INTERVISTA A VITALI ALEKSEENOK – VINCITORE DELLA XI° EDIZIONE DEL CONCORSO DI DIREZIONE D’ORCHESTRA ARTURO TOSCANINI http://artisti.iteatridellest.com/2021/11/11/intervista-a-vitali-alekseenok-vincitore-della-xi-edizione-del-concorso-di-direzione-dorchestra-arturo-toscanini/ http://artisti.iteatridellest.com/2021/11/11/intervista-a-vitali-alekseenok-vincitore-della-xi-edizione-del-concorso-di-direzione-dorchestra-arturo-toscanini/#respond Thu, 11 Nov 2021 11:42:00 +0000 https://artisti.iteatridellest.com/?p=307 Tra le peculiarità del sito iteatridellest.com c’è sicuramente quella di concedere importanti spazi ai giovani talenti emergenti. Non ci può essere maggiore garanzia di merito per un giovane direttore d’orchestra se non quella di classificarsi al primo posto in un prestigioso concorso come questo, dove ad esprimersi è stata una Giuria composta da nomi illustri; penso a Fabio Luisi, Augusto Techera, Roland Adler, Richard Hetherington,  André Comploi, Jesús Iglesias Noriega, John

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Vitali Alekseenok

Tra le peculiarità del sito iteatridellest.com c’è sicuramente quella di concedere importanti spazi ai giovani talenti emergenti. Non ci può essere maggiore garanzia di merito per un giovane direttore d’orchestra se non quella di classificarsi al primo posto in un prestigioso concorso come questo, dove ad esprimersi è stata una Giuria composta da nomi illustri; penso a Fabio Luisi, Augusto Techera, Roland AdlerRichard Hetherington,  André Comploi, Jesús Iglesias Noriega, John Fisher, Alberto Triola in rappresentanza di altrettanto importanti istituzioni mondiali come il Teatro Colón di Buenos Aires, la Semperoper di Dresda, la Royal Opera House di Londra, il Teatro alla Scala di Milano, il Palau de les Arts di Valencia, il Metropolitan Opera New York, e non ultima La Toscanini, promotrice dell’evento. Se questo non bastasse, si ricorda la presenza tra gli ospiti dei membri della Commissione Speciale formata da rappresentanti di Fondazioni Lirico Sinfoniche, dei Teatri di Tradizione e Festival italiani: Anna Maria Meo (Direttore generale del Teatro Regio di Parma); Aldo Sisillo (Direttore artistico del Teatro Comunale di Modena); Alessio Vlad (Direttore artistico del Teatro dell’Opera di Roma); Andrea Cigni (Sovrintendente del Teatro Ponchielli di Cremona); Claudio Orazi (Sovrintendente del Teatro Carlo Felice di Genova); Cristina Ferrari (Direttore artistico del Teatro Municipale di Piacenza); Ernesto Palacio (Sovrintendente del Rossini Opera Festival di Pesaro); Fulvio Macciardi (Sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna);    Fortunato Ortombina (Sovrintendente del Teatro La Fenice di Venezia); Francesco Ommassini (Direttore residente della Fondazione Arena di Verona); Fiorenzo Grassi (Direttore artistico della stagione lirica del Teatro Fraschini di Pavia); Giovanna Lomazzi (Vicepresidente della AsLiCo); Giovanni Cultrera (Sovrintendente del Teatro Bellini di Catania); Matteo Beltrami (Direttore artistico del Luglio Musicale Trapanese); Paolo Cascio (Segretario artistico del Festival Donizetti di Bergamo);  Francesco Andolfi (Segretario artistico del Teatro Regio di Torino); Franco Moretti (Direttore generale del Festival Puccini di Torre del Lago);  Paolo Rodda (Direttore artistico del Teatro Verdi di Trieste);  Vincenzo De Vivo (Direttore artistico della stagione lirica del Teatro delle Muse di Ancona). Non ultimi, i membri del Comitato d’Onore composto da Roberto Abbado, Richard Bonyge, Bruno Campanella, Daniele Gatti, Fabio Luisi, Gianandrea Noseda e Antonio Pappano. In sala Pier Luigi Pizzi,  Fabio Armiliato, Tiziana Fabbricini, Barbara Frittoli, Luciana D’Intino, Roberto Scandiuzzi e molti altri ancora.

Vitali Alekseenok


  • Più che ad un concorso, pareva di assistere ad un summit! Sul momento ha davvero realizzato l’importanza dell’occasione che le si presentava?

Nei primi giorni ho avuto un misto di felicità e confusione per quello che era successo. Ad essere onesti, ho capito il mio grande successo in questa competizione in primo luogo, perché tutti si congratulavano con me. Ma io stesso non ho iniziato a sentire questo grande cambiamento nella mia vita fino a qualche tempo dopo. Questo frutto non è maturato subito e solo dopo alcune settimane ho potuto goderne il sapore.

  • Che effetto fa trovarsi impegnati in un confronto davanti ad una così ampia platea di personaggi illustri?

È un grande onore. Fino al concerto finale, ho cercato di non concentrarmi sul fatto che mi sarei esibito in un teatro speciale con una ricca tradizione, che tante persone famose mi avrebbero ascoltato. Pensavo solo alla musica, ma naturalmente tutta questa situazione mi ha motivato a fare musica non al 100%, ma al 300%.

Vitali Alekseenok – foto di Elza Zherebchuk

  • Cosa ha provato all’annuncio del suo nome quale vincitore?

Quando ho sentito chi ha ricevuto il secondo premio, sapevo che avrei ricevuto il primo. Ero dietro le quinte, da solo. Mi sono coperto il viso con le mani e ho cercato di capire cosa stavo provando, cosa mi stava succedendo. Un sentimento di crescente gioia e gratitudine, che poi è esploso in me così come sono esplosi i coriandoli sul palco del teatro quando Fabio Luisi mi ha consegnato l’attestato del primo premio.

  • Oltre al Primo Premio del valore di 15.000 euro, lei ha collezionato una lunga serie di altri premi in denaro: Premio Speciale del Pubblico, del valore di 2.000 euro; Premio Speciale “Emanuela Castelbarco Toscanini”del valore di 1.000 euro; oltre alle scritture presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, Rossini Opera Festival di Pesaro e Teatro Bellini di Catania. Ha lasciato ben poco ai suoi avversari! Una domanda un po’ indiscreta se ce lo consente: come intende investire questi denari?

Sto investendo questi soldi nel futuro. Una parte di esso andrà alle partiture e libri, un’altra ai corsi di lingua e alle lezioni di canto. Mi piacerebbe anche viaggiare un po’, vedere finalmente Roma e il sud Italia, non ci sono mai stato! E non da ultimo vorrei dare una parte di questo premio, anche se una piccola parte, alla mia patria in Bielorussia. Perché la situazione nel mio paese è molto difficile, centinaia di persone, compresi i miei amici e conoscenti sono in prigione. Vorrei sostenerli.


Vitali Alekseenok – foto di Elza Zherebchuk

Leggiamo dalla Sua biografia che ha già diretto orchestre come la MDR Radio Symphony Orchestra di Lipsia, la Staatskapelle Weimar, la Lucerne String Orchestra, la Kyiv Symphony Orchestra, la Karlovy Vary Symphony Orchestra, le Philharmonic Orchestra Hradec Kralove, Lviv, Jena, tra le altre. Come direttore d’opera, ha lavorato nei teatri d’opera di Monaco, Barcellona, ​​Weimar, Graz, Orvieto, Varna, Kiev e ha anche diretto nel 2018 una nuova produzione dell’opera Don Giovanni di Mozart nella regione militare dell’Ucraina a Severodonetsk come parte di il progetto “Musica e Dialogo”. È fondatore e direttore artistico dell’ensemble paradigme, che esegue opere di compositori del XX e del XXI secolo, come Gérard Grisey, Tristan Murail, Paweł Szymański, Anton von Webern, Jörn Arnecke, nonché prime mondiali di compositori del più generazione recente. Inoltre è attivamente impegnato in attività pedagogiche: è stato membro della giuria del concorso musicale tedesco “Jugend musiziert”, ha tenuto progetti educativi nell’Europa occidentale e orientale e ha diretto numerose orchestre giovanili in Germania, Italia, Polonia e Ucraina. Dalla stagione 2020/21 lavora presso l’Università della Musica di Francoforte sul Meno. Nel giugno 2021 è diventato il nuovo direttore artistico del Kharkiv Music Fest.


  • Parliamo del suo percorso formativo, vuole raccontarci le sue scelte: come è arrivato a decidere di voler essere un direttore d’orchestra?

Il mio percorso verso la professione di direttore d’orchestra non è stato semplice e ovvio. Vengo da una piccola provincia della Bielorussia, dove la possibilità di entrare in contatto con la musica classica e la direzione d’orchestra era molto bassa. Da bambino sono stato esposto alla musica jazz, e solo molto più tardi alla musica classica. Ricordo come intuitivamente, senza il consiglio di nessuno, ho iniziato a cercare per tutta la città dei cd di musica classica e ad ascoltare alcuni pezzi decine o centinaia di volte. In quel momento ho cominciato a capire che non potevo vivere senza questa musica. Poi ho studiato a Minsk come trombonista, ma ho avuto anche lezioni di direzione d’orchestra. È stato allora che ho capito che questa era la professione in cui potevo esprimere tutto quello che volevo esprimere. E così ho continuato la mia formazione a San Pietroburgo, dove ho studiato con il professor Alexander Alekseev, che aveva studiato a Vienna e conosceva Karajan, Abbado, Sinopoli… Poi mi sono trasferito in Germania. A un certo punto la direzione d’orchestra è diventata naturalmente una parte centrale della mia vita.

  • Il Concorso Arturo Toscanini è stato impostato, a differenza di molti altri concorsi per direttori, esclusivamente sulla direzione dell’opera lirica e nella fattispecie, a quella italiana. Ci sono un compositore, anche non italiano, e una sua opera in particolare che ama più d’ogni altro?

In momenti diversi, erano opere diverse. Tosca di Puccini, Tristan und Isolde di Wagner, Don Giovanni di Mozart, Orfeo di Monteverdi… E qualche anno fa ho scoperto Guglielmo Tell!

Vitali Alekseenok

  • Pensa che il workshop che ha preceduto la competizione, quindi la permanenza sul suolo italiano, abbia costituito un valore aggiunto al Suo bagaglio di esperienze?

Certo! È un’idea assolutamente fantastica da parte della Fondazione Toscanini che ha organizzato questo workshop. Ho sentito il bisogno di imparare dai maestri italiani molti anni fa e così sono venuto in Italia prima per vari eventi. Ma questo è stato il workshop più completo a cui abbia mai partecipato, con molte discipline diverse. Mi ha davvero ispirato.

  • Cosa rappresenta l’Italia per un direttore d’orchestra, e in particolar modo per Lei?

Per un direttore d’orchestra in generale, l’Italia è un paese senza il quale l’opera come la conosciamo non sarebbe stata possibile. Ma personalmente, non posso assolutamente vivere senza l’Italia. La mia vita sarebbe meno coerente e colorata senza Giotto, la Camerata fiorentina, l’epoca risorgimentale o i film di Vittorio de Sica.

  • Quali sono le Sue aspettative, in ambito professionale, nell’immediato e a lungo termine?

Se prendo alla lettera la sua domanda, cerco di non aspettarmi nulla, ma semplicemente di vivere ciò che amo e di essere al servizio degli altri. Per rispondere alla sua domanda più specificamente, voglio fare arte ad alto livello, e questo è possibile solo in grandi teatri con orchestre, cantanti e tutta la squadra eccezionali.

  • Quali i suoi prossimi impegni?

Ho progetti con diverse orchestre in Germania e in Italia e devo preparare nuovi brani. Sono anche il direttore artistico del Kharkiv Music Fest in Ucraina. Devo mettere insieme un programma per tutto il festival.

  • Se un grande teatro la chiamasse al telefono e le dicesse: “all’apertura della prossima stagione vogliamo lei! Dica cosa vuole dirigere”, cosa sceglierebbe e perché?

Aida di Verdi! Perché ho imparato da poco quest’opera, ma non ho ancora avuto la possibilità di eseguirla.

a cura di Roberto Cucchi, 10 novembre 2021

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Chiara Amarù: “Rossini per me è il sole!” http://artisti.iteatridellest.com/2021/10/18/chiara-amaru-rossini-per-me-e-il-sole/ http://artisti.iteatridellest.com/2021/10/18/chiara-amaru-rossini-per-me-e-il-sole/#respond Mon, 18 Oct 2021 13:54:21 +0000 http://artisti.iteatridellest.com/?p=291 Chiara Amarù, che tra pochi giorni sarà sulle scene del Teatro alla Scala con il ruolo di Linfea nell’atteso allestimento de La Calisto di Francesco Cavalli con la regia di David McVicar, è da qualche anno una delle voci belcantistiche più interessanti del panorama lirico internazionale. Schietto e corposo timbro mezzosopranile di tradizione italiana, di bel colore e preziosi chiaroscuri, Chiara Amarù sì è raccontata ai Teatri dell’Est con la

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Chiara Amarù, che tra pochi giorni sarà sulle scene del Teatro alla Scala con il ruolo di Linfea nell’atteso allestimento de La Calisto di Francesco Cavalli con la regia di David McVicar, è da qualche anno una delle voci belcantistiche più interessanti del panorama lirico internazionale.

Schietto e corposo timbro mezzosopranile di tradizione italiana, di bel colore e preziosi chiaroscuri, Chiara Amarù sì è raccontata ai Teatri dell’Est con la solare, mediterranea immediatezza che la contraddistingue.

a cura di Nicola Salmoiraghi


 

  • Lei ha iniziato il suo rapporto con la musica cantando nel Coro di voci bianche del Teatro Massimo di Palermo, come l’ha formata questa esperienza?

Sono nata nella bellissima Palermo, e fin da subito la musica ha fatto parte della mia vita: mio padre professore d’orchestra cornista, mia madre cantante e mio fratello anche lui oggi è cornista nell’orchestra Sinfonica Nazionale della Rai a Torino. Ho mosso i primi passi in teatro e così all’età di otto anni sono entrata a far parte del coro di voci bianche del Teatro Massimo di Palermo interpretando anche ruoli solistici: uno tra questi il Pastorello in “Tosca”. Ricordo l’emozione di assaporare ogni momento con l’entusiasmo di una bambina che pian piano scopriva la vita sul palcoscenico. Questo é stato l’inizio della mia formazione musicale che mi ha poi spinta a cominciare a studiare seriamente il canto lirico.

Cenerentola – Chiara Amarù

  • La passione per il canto lirico è venuta di conseguenza?

Da quelle piccole esperienze con le voci bianche, in teatro è nata la mia passione per questo mondo così ho cominciato a studiare canto con mia madre poi, ho conseguito il diploma in conservatorio, a seguire numerosi corsi di perfezionamento, tra i più importanti quelli con la Signora Mirella Freni e con Sergio Bertocchi.  Il maestro Bertocchi, occupa un posto particolare nella mia formazione vocale e nel mio cuore, mi ha insegnato davvero tanto.

Per anni mi sono perfezionata con lui,  successivamente,  nel 2009 sono entrata a far parte della scuola dell’opera italiana di Bologna grazie alla quale ho avuto il privilegio di studiare con altri nomi illustri del panorama lirico internazionale, “addestrandomi” al palcoscenico ;
Nello stesso anno ho vinto il premio al concorso As.Li.Co., realizzando il mio sogno: cantare “ La Cenerentola” uno dei ruoli a me più congeniali  e che  ancora oggi adoro particolarmente, e proprio nella stagione di quell’anno mi fu affidato il ruolo del titolo al Teatro Comunale di Bologna.

  • La definizione della sua vocalità è stata immediata?

Si, posso dire di sì! Quando ho cominciato a studiare canto con mia madre ci siamo subito accorte che la mia natura vocale incontrava il canto d’agilità con timbro mezzosopranile.
Successivamente con il Maestro Sergio Bertocchi abbiamo continuato e, soprattutto sviluppato il lavoro seguendo questa direzione.

  • Cosa ricorda del suo debutto?

Ho debuttato nel “Cosi fan tutte” a Como, era la mia prima vera esperienza sul palcoscenico.

Ricordo emozioni contrastanti, paure, disagi ma allo stesso tempo tanta voglia, grinta, entusiasmo e curiosità di sapere come sarebbe stato il brivido della “prima volta” con il pubblico e con i costumi !
Ho vissuto davvero dei momenti indimenticabili che conservo nel cuore perché sono stati i primi passi verso la strada che ancora oggi percorro con grande impegno e dedizione!

Isabella – Italiana in Algeri, Chiara Amarù

  • Rossini ha molta parte nella sua carriera; cosa la fa entrare in sintonia con questo autore?

Rossini!!! Per me è il sole!  La Luce che mi ha aperto la strada … quella che ho deciso di percorrere senza voltarmi più  indietro…con Rossini è stato amore a prima vista, una vera e propria sintonia: la prima aria che ho cantato nella mia vita è stata la canzone di Cenerentola, “Una volta c’era un re”; cantavo e mi emozionavo perché  mi raccontava qualcosa, mi suscitava emozioni inspiegabili, da lì l’approccio coraggioso al Rondò finale della stessa opera “Nacqui  all’affanno” per l’esame di diploma.
Questa predisposizione naturale è stata sempre accompagnata da un grande impegno nello studio rigoroso , minuzioso  e capillare di ogni dettaglio musicale da lui scritto.

  • Predilige i ruoli del Rossini buffo o serio?

Mi piacciono entrambi per diversi motivi. L’interpretazione del buffo che, sin dall’inizio della mia carriera, ho incontrato e subito navigato si avvicina di più al mio carattere vivace e solare, infatti tra me e Rosina è nata una profonda e frizzante amicizia.
Ho avuto l’immenso piacere di scoprire il Rossini serio con Malcolm de “La Donna del Lago” al Rossini Opera festival a Pesaro, Andromaca in “Ermione” a Mosca entrambi sotto la direzione del Maestro Alberto Zedda, e con lo studio di “Tancredi” e Arsace in “Semiramide”. Esperienze vocali e umane indimenticabili, i diversi spessori drammaturgici mi hanno subito incuriosita e affascinata; passare dal buffo al serio non mi ha mai spaventata anzi mi ha sempre stimolata per l’approfondimento di entrambi i  repertori.

Rosina – Barbiere di Siviglia, Chiara Amarù

  • Lei ha cantato Rosina nel Barbiere, Angelina nella Cenerentola e Isabella in Italiana. Ci racconti le differenze, per lei, tra questi tre personaggi, sia tecniche che teatrali.

Rosina , Angelina e Isabella sono le donne rossiniane che canto con molto entusiasmo.
Angelina è quella a cui sono maggiormente affezionata, adoro la sua bontà, la sua tenerezza , il suo candore e la sua eleganza insieme ai suoi grandi sogni, tutti elementi sottolineati dall’immenso Rossini  nelle bellissime pagine piene di inflessioni spalmate in un canto sincero, accenti e svettanti colorature che richiedono una vocalizzazione nitida e che raggiungono la loro apoteosi soprattutto nel Rondò finale che continuo a studiare sempre con minuziosa cura!
Rosina invece – personaggio frizzante e spiritoso, estremamente attuale alla ricerca della propria libertà ma soprattutto dell’amore racconta in musica  attraverso i vari passi virtuosistici – abbastanza difficili tecnicamente – questa brillante e giovanile freschezza che viene fusa con l’interpretazione scenica e che a me diverte molto perché mi avvicina alla realtà di una giovane d’oggi!
Infine Isabella, determinata, coraggiosa e scaltra, non si scompone per niente!  Lo trovo un personaggio molto interessante; la scrittura piuttosto contraltile caratterizza molto questa eroina sicura di sé; il mio approccio con lei diventa sempre più stuzzicante e stimolante; mi piace davvero questa donna che “a tutti se vuole la fa”.
Ciò che le accomuna a mio avviso è la loro intraprendenza, ovviamente disegnata  in tratti differenti nelle tre opere, e l’allegra leggerezza musicale tipica delle opere buffe, la distinzione tra le tre si evince nella tessitura vocale che richiede una sicura padronanza tecnica per poterle affrontare ognuna nella propria essenza.

  • Qual è la regola fondamentale di una buona tecnica di canto?

La base del canto è la respirazione, bisogna imparare a respirare bene. La natura ci fornisce tutto ciò; non bisogna forzare i propri mezzi vocali bensì assecondare la propria natura senza ricercare artificiosità. È fondamentale allenare lo strumento come un atleta allena il corpo. Studiare costantemente e avere la fortuna di incontrare un buon maestro che ti guidi nel repertorio che ti è congeniale.

  • Lei ha cantato Sara nel Roberto Devereux. Ci sono altri ruoli del Belcanto italiano, penso appunto a Donizetti e Bellini, all’orizzonte o che le piacerebbe interpretare?

Sara l’ho scoperta 7 anni fa, in un’occasione davvero unica: “Roberto Devereux” in forma di concerto al teatro del Maggio Fiorentino con la Signora Devia e Celso Albelo.  Una scuola di canto sul campo, un’emozione unica che mi ha formata sotto molti punti di vista.
A Marzo tornerò a vestire quei panni al Teatro Massimo di Palermo e sono impaziente di vedermi in quella veste, la voce ha anche bisogno di quel canto, di quelle pagine cosi ricche e io sono estremamente felice di approdare a questo repertorio.
Mi piacerebbe debuttare infatti anche la Giovanna Seymour in “Anna Bolena”, Elisabetta in “Maria Stuarda” e Adalgisa in “Norma”.

Rosina – Barbiere di Siviglia, Chiara Amarù

  • Stesso discorso per Preziosilla nella Forza del destino e Meg Page in Falstaff, preludio ad altri traguardi verdiani?

Preziosilla è la mia guerriera preferita! Ho fatto il mio ingresso al Festival Verdi al teatro Regio di Parma con la “Forza del destino” accanto ad illustri colleghi ed è una memoria che porto nel cuore.
Ho avuto il piacere di replicare Preziosilla a Verona in un’altra produzione altrettanto interessante.
“Falstaff”?  un capolavoro, per me: IL poema sinfonico!  Meg l’ho cantata due volte, Cagliari e Valencia, un personaggio simpaticissimo all’interno di un’opera che trovo divertente e affascinante.
Sono stata e resto ancora per un po’ una rossiniana prestata a Verdi. Amo quegli organici orchestrali, quelle sonorità, quei volumi, sono tutte percezioni totalmente differenti dal mio repertorio di elezione a cui ancora non rinuncio; nel mio cassetto sta chiusa per prima Amneris poi Eboli e infine Azucena… ma tutte e tre in futuro  non so quanto lontano  !

  • Ora è il momento de La Calisto di Cavalli al Teatro alla Scala; ci vuole parlare del suo personaggio, Linfea?

Il Personaggio di Linfea come da libretto è una fida ancella di Diana vocalmente impegnata in una tessitura acuta. In fase di studio ho preparato il personaggio pensando ad una fanciulla in preda ai primi desideri.
Qui insieme al maestro Rousset e al regista McVicar abbiamo creato un personaggio tenero a tratti buffo, convinto dell’importanza dei suoi valori come il rigore della castità, il pudore, la ragione e la coscienza, ma anche presa dai turbamenti che le risvegliano i sentimenti di desiderio di amore e di carnalità. Alla fine prevale la natura umana e non resta insensibile alle tentazioni dei satiri. Viene totalmente travolta assecondando così i desideri della carne.
Penso che tutto ciò sia molto attuale, si avvicina tanto al modo di affrontare le situazioni dei nostri tempi.

Isabella – Italiana in Algeri, Chiara Amarù

  • E’un momento di grande rinascita e riscoperta del Teatro musicale barocco. Cosa lo rende attuale secondo lei? Ed è un mondo che le piacerebbe esplorare?

Nelle varie epoche sia il desiderio che la voglia di rinascita avvengono perché è insito nell’uomo riscoprire il passato per far sì che si completi la conoscenza dei tempi non vissuti e conosciuti solo attraverso la storia. Ogni epoca ha il suo fascino. Il barocco è il punto cardine del melodramma ed è da lì che è partita tutta la letteratura musicale che ritroviamo oggi. È interessante scoprire quanto questi autori abbiano lavorato sui testi, studiando minuziosamente come appropriare la parola alla musica: il “Recitar cantando” per arrivare fino alle opere che oggi vengono rappresentate .
È attuale tutto ciò che è stato scritto e che ancora ritroviamo. Questa sarà la mia prima esperienza con il barocco e sono felice di ritornare al Teatro alla Scala con questa bellissima opera.
Trovo interessante questo repertorio e, perché no, sarà una bella scoperta entrare a farne parte anche in altre occasioni future.

  • Una domanda “scabrosa”… il ruolo di Santuzza in Cavalleria rusticana, per una siciliana doc, è una tentazione?

È solo una tentazione. Come non innamorarsi di Santuzza ? Sì, direi una bella tentazione a cui non posso cedere.  Adoro quell’opera e quel ruolo ma sono ancora molto lontana da quella vocalità e da quel carattere… chissà in un futuro molto lontano per una siciliana doc come me credo sarà una bella soddisfazione.

  • Quanto è importante la parte di “attrice” nel moderno teatro d’opera?

Importantissima!!! Il cantante è un attore che canta. Interpretare ciò che si sta cantando implica sempre un totale impegno attoriale.  Per questa ragione leggere il libretto d’opera è fondamentale per poter approcciare il personaggio, da lì vengono fuori tutte le sfaccettature e i vari caratteri che poi approfondiamo attraverso lo studio completo dell’opera.

Rosina – Barbiere di Siviglia, Chiara Amarù

  • Qual è l’ultima cosa che pensa prima di entrare in scena e la prima quando lo spettacolo finisce?

Prima di entrare in scena prego affinché tutto possa andare al meglio e che io possa serenamente ricordare tutto ciò che devo fare; il pensiero più bello che ho sempre nella mente mi ricorda che sono fortunata e grata perché faccio quello per cui ho studiato e, in questi ultimi tempi, ciò non è poi così scontato. Penso sempre di avere di fronte un pubblico di soli bambini ,così puri ,così ingenui ,così veri ..questo candido pensiero mi dona tanta forza .
La prima cosa che invece penso non appena finisce lo spettacolo è: che si mangia ?Accenno anche io ad un sorriso sulle labbra… uno dei piaceri più belli della vita – e oggi ancor di più fresca moglie di uno Chef Magnifico di nome e di fatto – penso che  la semplicità di una bella cena in compagnia  sia piuttosto piacevole anche per allentare le tensioni; la vita è bella e le cose belle vanno condivise e quale miglior posto se non a tavola?

  • Cosa consiglierebbe a un ragazzo o ragazza che intende intraprendere questa carriera?

Riconosco che oggi c’è molta più concorrenza rispetto al passato, però posso affermare con certezza che l’umiltà, la preparazione e la disciplina hanno un posto d’onore nella carriera di un cantante e che presto o tardi pagano i sacrifici che si affrontano per ottenere buoni risultati. Ci vogliono grande volontà e dedizione ma soprattutto un forte sostegno affettivo ed economico per provare il “tutto per tutto” e, perché no, anche un pizzico di fortuna!

  • Impegni futuri?

A dicembre tornerò nella mia adorata Bologna al Teatro Comunale con Cenerentola, l’opera del cuore, quella più desiderata, più vissuta, CHE GIOIA!!!
A marzo canterò al teatro Massimo di Palermo, sarò Sara nel “Roberto Devereux”. In pentola bolle anche qualcos’altro ma al momento non svelo di più…

 

Intervista raccolta da Nicola Salmoiraghi, 18 ottobre 2021

 

 

 

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Intervista con Alberto Martini, Direttore del Teatro Ristori di Verona, primo violino e Direttore dell’orchestra I Virtuosi Italiani

6 novembre 2020


Il giorno 25 ottobre c’è stata l’ultima rappresentazione dello Stabat Mater di G.B.Pergolesi con il Teatro Coccia di Novara. Uno spettacolo che ha lasciato il segno, basti andare a leggere le molte recensioni positive, e che avrebbe dovuto replicarsi la settimana successiva a Verona al Teatro Ristori. Di fatto sono due le importanti realtà da Lei gestite: l’Orchestra de I Virtuosi Italiani, che tutti conosciamo bene, e appunto il Teatro Ristori. Avrebbe dovuto, ma di fatto con il DPCM si è decretata la chiusura di tutti i teatri a causa della pandemia da COVID-19.

– Qual è la sua personale opinione sulle decisioni prese dal Governo?

Una premessa doverosa: naturalmente comprendo molto bene la difficoltà per gestire una situazione così complessa. Detto ciò ritengo che le attività che svolgono i Teatri, i musicisti, gli artisti, donne e uomini di cultura in genere, non possano essere considerate superflue o secondarie, come, purtroppo, ho sentito affermare da rappresentanti politici e del governo italiano. Questa è una dimostrazione decisamente non tollerabile di ignoranza e mancanza di sensibilità. Nei mesi scorsi, parlo per il Teatro Ristori di Verona che mi onoro di dirigere e rappresentare, molti sono stati gli investimenti per adeguare il Teatro alle normative anti COVID-19, per far sentire il nostro pubblico tranquillo nell’assistere ai vari eventi in un luogo sicuro. I risultati si sono visti immediatamente e i concerti proposti hanno riscontrato sempre il tutto esaurito per i 200 posti disponibili. Del resto senza musica e cultura un popolo si abbruttisce. Come abbiamo visto durante il lungo lockdown iniziato lo scorso marzo, un grande ristoro è stato offerto proprio dalle iniziative di tanti musicisti e artisti. Musica, arte, cultura sono medicine per l’animo.

– Sono molti gli impegni cancellati e pensa che potranno in qualche modo essere ripresi in futuro?

Gli impegni cancellati sono stati moltissimi. Per una realtà come quella de I VIRTUOSI ITALIANI, che si fonda esclusivamente sulla propria attività è stato un vero tsunami. Già da marzo abbiamo dovuto subire la cancellazione di una tournée in Corea del Sud, molti concerti in Italia e in Europa, anche vari Festival estivi come per esempio quello straordinario de I SUONI DELLE DOLOMITI. Sembrava stessimo riprendendo un po’, poi le difficoltà per viaggiare anche in Europa l’aumento dei contagi ha fatto sì che si tornasse indietro. Veramente con grande dolore, ho dovuto prendere nei giorni scorsi, la decisione di rinunciare ad alcuni concerti in Europa con la grande Martha Argerich: le difficoltà di spostamento erano troppo complesse. Avremmo dovuto essere in Russia da fine novembre fino al 9 dicembre e ovviamente salterà anche questo tour. Malgrado tutto ciò, avevo deciso di riprendere la Stagione concertistica de I VIRTUOSI ITALIANI al Teatro Ristori, che avrebbe dovuto essere inaugurata proprio dalla bellissima edizione dello Stabat Mater di Pergolesi diretta da Matteo Beltrami a Novara. Quest’ultimo DPCM, purtroppo, ci ha tolto la gioia di riprendere l’attività nella nostra città, ma confidiamo nel futuro….
L’ultima delusione è proprio di questi giorni: la Provincia Autonoma di Bolzano aveva emanato una propria ordinanza con cui permetteva i concerti nelle sale fino a una capienza massima di 200 persone. Nemmeno a farlo apposta I VIRTUOSI ITALIANI avrebbero dovuto partecipare all’importante festival di musica contemporanea in 3 concerti. Alla vigilia del nostro primo concerto in trio invece, sono state bloccate tutte le attività anche lì. Questo implica un grande lavoro, tanto studio purtroppo non finalizzato da un’esecuzione pubblica. Voglio però mantenere la mia positività e sperare, anzi in questo sono fiducioso, di recuperare gli impegni sospesi a causa di questa pandemia. Il Teatro Ristori a breve si doterà della tecnologia per essere autonomo nelle riprese audio video e lo streaming: un upgrade che avevamo in programma, ma che avremmo dovuto realizzare in tempi tranquilli. Ora stiamo cercando di bruciare le tappe per essere pronti il prima possibile, spero fra una decina di giorni. Non ritengo lo streaming sostitutivo dello spettacolo dal vivo, del concerto in presenza di pubblico, ma in mancanza d’altro dobbiamo fare di necessità virtù. Il concerto dal vivo rimarrà sempre unico e insostituibile, per gli artisti, ma anche per il pubblico.

– Lo streaming è senz’altro un’ottima idea che porta innovazione e avvicina le persone al teatro, ma c’è il problema della monetizzazione del lavoro di tutte le parti in gioco, cosa non facile da mettere in pratica nel mondo del web dove tutto si vorrebbe fosse gratuito. Lei ha già pensato ad una strategia commerciale?

Diciamo che lo streaming è un’opportunità in questo momento. L’alternativa è quella di non fare nulla. Il problema, parlando da musicista, è la mancanza del pubblico, che è una parte fondamentale per la buona riuscita di un concerto o di uno spettacolo artistico in genere. In seconda battuta c’è il problema del ticketing: nella maggior parte dei casi le trasmissioni via web sono gratuite. Personalmente prendo ad esempio la Digital Cocert Hall dei Berliner Philharmoniker, in cui si possono vedere tutti i concerti della più conosciuta orchestra al mondo, pagando un biglietto. In questo caso la qualità è al top, sia per quanto riguarda la regia, che per l’audio e le immagini. Credo ci sia uno spiegamento di forze economiche piuttosto imponente, ma bisogna puntare in alto….
Ora ci stiamo informando su alcuni siti di vendita online per capire la possibilità di customizzare secondo le nostre esigenze l’interfaccia di vendita con l’obiettivo di comprendere la flessibilità e gli elementi di valore aggiunto della piattaforma. Inizialmente però, ci si dovrà porre sul mercato a titolo gratuito, stando molto attenti alla qualità di quello che si mette in rete, differenziando totalmente il prodotto da un concerto live. 

– Molti teatri, tra i quali l’Arena di Verona, hanno optato per una stagione impostata su concerti lirici piuttosto che su produzioni operistiche. Una scelta che inevitabilmente ha tagliato fuori la quasi totalità degli artisti a beneficio dei “soliti noti”. Crede sia possibile lavorare in sicurezza pur mantenendo l’organico orchestrale al completo, le masse in scena e i solisti? Lei quali misure ha adottato in merito? Avete casi di contagio tra i colleghi?

Penso che per affrontare difficoltà della portata di quella che stiamo vivendo oggi dobbiamo cambiare completamente il nostro modo di pensare. Quello che prima era la normalità, ora non è più possibile. Cosa dobbiamo fare? Secondo me si devono trovare nuove soluzioni, nuove idee. Ritengo sia assolutamente possibile adeguarsi alle esigenze del momento, anche nell’affrontare le problematiche dell’opera lirica. Le regie ne dovranno tenere conto, ma anche Sovrintendenti e Direttori Artistici dovranno sforzarsi nel cercare alternative. Naturalmente ogni spazio ha le proprie prerogative e esigenza, ma se pensiamo all’Arena di Verona credo si abbia solo l’imbarazzo della scelta di come operare. Non sono del parere che gli eventi con “i soliti noti” come dice Lei, siano la strada giusta: la tecnica dell’evento con le superstar, che siano cantanti, solisti, direttori o orchestre, è bellissima, ma si esaurisce molto velocemente, è autocelebrativa. Credo che mai come in questo momento, abbiamo bisogno della classica goccia continua, per far crescere l’esigenza di musica e di cultura. Dobbiamo guardare al futuro, coinvolgere e valorizzare i giovani, ne abbiamo moltissimi che sono delle vere eccellenze. Pensiamo per esempio alle due giovani soliste dello Stabat Mater Mariam Battistelli e Aurora Faggioli. Ad aprile scorso abbiamo deciso di cambiare l’assetto tradizionale del Teatro Ristori di Verona, mettendo il palco al centro. Facendo questo ho ripensato completamente tutta la stagione e abbiamo ideato spettacoli di danza e concerti per questa configurazione. Per me è una sfida appassionante, anche se molto impegnativa, ma credo sia imprescindibile. Nelle difficoltà dobbiamo cercare e impegnarci molto nel trovare nuove opportunità: non possiamo permetterci di pensare che tutto tornerà come prima, facendo finta non che non sia successo nulla. Grazie a Dio sia in Teatro che nei VIRTUOSI ITALIANI, non abbiamo avuto nessuno che si sia ammalato di COVID-19, ma devo dire che l’attenzione e il rispetto delle misure anti-contagio sono state maniacali.

– Per molti è difficile avere una visione ottimistica sul futuro che ci aspetta e sui tempi che intercorreranno prima di un ritorno alla piena normalità. È possibile già da ora cominciare a pianificare una stagione, prendere impegni per l’orchestra anche se in un futuro non vicino?

Come dicevo poc’anzi, non credo torneremo come eravamo prima della pandemia. Malgrado lo sconforto, la delusione, le grandi preoccupazioni, sento dentro di me l’obbligo morale e il desiderio di andare avanti con forza e energia che si deve rinnovare ogni giorno. L’alternativa è piangersi addosso, ma questo non fa parte del mio carattere. Sto pianificando la stagione 2021-2022 e allo stesso tempo, con prudenza, sto cercando date alternative per recuperare gli eventi che non potranno essere realizzati in questi mesi. L’incertezza che abbiamo non aiuta, ma verranno momenti migliori, ne sono certo. Di sicuro non possiamo stare senza musica, cultura e arte, quindi dobbiamo ingegnarci. Anche per quanto riguarda I VIRTUOSI ITALIANI, stiamo riprogrammando il futuro. Nulla è più scontato, o semplice, ma è possibile. Dobbiamo volerlo fortemente. Tra le più importanti esperienze artistiche e umane che abbiamo vissuto in questi anni, sono stati i concerti fatti nei reparti oncologici in vari ospedali italiani: un’emozione incredibile ricevuta dagli sguardi e dalle parole di persone sofferenti, in alcuni casi situazioni estremamente gravi. Abbiamo avuto la consapevolezza che quello che facciamo con tanto impegno ha un suo effetto benefico tangibile. Il mio auspicio è che una volta superato questo grande ostacolo, si possa vivere in una società più sensibile, guidata da persone illuminate, consapevoli che una civiltà sana si basa sulla cultura, sull’educazione, sulla formazione. Forse è un desiderio irrealizzabile, ma sognare non costa nulla.


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“Vivere il teatro nella sua forma completa” – intervista flash con Renato Bonajuto http://artisti.iteatridellest.com/2020/11/15/vivere-il-teatro-nella-sua-forma-completa-intervista-flash-con-renato-bonajuto/ http://artisti.iteatridellest.com/2020/11/15/vivere-il-teatro-nella-sua-forma-completa-intervista-flash-con-renato-bonajuto/#respond Sun, 15 Nov 2020 16:58:17 +0000 http://artisti.iteatridellest.com/?p=216 a cura di Madina Karbeli • Essere un regista oltre che una persona con responsabilità decisive nel management di uno dei teatri più impegnati in Italia, parlo del Teatro Coccia di Novara, penso sia una sfida pesante in tempi di covid… ha trovato un modo di convivere con il virus? Il Coccia ha scelto una linea di adattamento. Non a caso per la stagione in corso la dottoressa Baroni (sovrintendente

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a cura di Madina Karbeli


• Essere un regista oltre che una persona con responsabilità decisive nel management di uno dei teatri più impegnati in Italia, parlo del Teatro Coccia di Novara, penso sia una sfida pesante in tempi di covid… ha trovato un modo di convivere con il virus?

Il Coccia ha scelto una linea di adattamento. Non a caso per la stagione in corso la dottoressa Baroni (sovrintendente del teatro) ha scelto il titolo di -Resilienza-, vale dire la capacità di adattarsi alla situazione, di assorbire il colpo. Il teatro è messo a dura prova dalla pandemia. Le regole sono molto restrittive anche in assenza del pubblico. Occorre rispettare le distanze, controllare la temperatura, eseguire test…

• la situazione cambia ogni giorno, dopo il primo lockdown quasi sembrava che saremmo tornati alla normalità; come tutti gli altri teatri avrete dovuto cambiare la programmazione?

La programmazione non è cambiata, anche perché è stata studiata per far fronte a questo periodo di crisi. A imporre ulteriori cambiamenti sono state le restrizioni che ora vietano l’apertura al pubblico con tutto quello che comporta. Si sono privilegiati titoli che non prevedono un grande organico: pochi elementi in orchestra, poche comparse, pochi solisti…

• Avete scelto “Antiche arie e danze per liuto suite n. 3 di Respighi e Stabat Mater di Pergolesi” in forma scenica per l’apertura di stagione… Il successo dello Stabat Mater è merito suo, questo è quanto si deduce dalle molte critiche positive. La drammaturgia della musica non prevede molta action, ha inventato una “storia”?

Il successo dello Stabat Mater va attribuito a tutte le parti coinvolte. In primis a Corinne Baroni che ha mostrato grande entusiasmo per il progetto. Al direttore Matteo Beltrami e ai suoi allievi dell’Accademia Amo, all’orchestra I Virtuosi Italiani, alle soliste, ai ballerini, allo scenografo e costumista… Per farla breve a tutti. Non esisteva una drammaturgia per la forma scenica. Ho creato una storia che mettesse in relazione due opere tra loro molto distanti. L’idea dei tableaux vivants ha riscosso molto successo e incontrato il favore della critica. La regia va adattata alle esigenze sanitarie, questo vuol dire studiare movimenti scenici consapevoli della realtà che stiamo vivendo. Vuol dire anche l’utilizzo delle mascherine e dei guanti in scena e tutta una serie di attenzioni che non vadano però ad inficiare la credibilità dello spettacolo.

• In seguito all’ennesimo DPCM la stagione è stata nuovamente interrotta… Esiste in generale un piano B, e nello specifico, come pensate di fare a Novara?

La stagione non si è interrotta. Come ha detto la dottoressa Corinne Baroni: “noi ci siamo”. Continueremo a lavorare se pur in assenza del pubblico in sala, registrando e mettendo on-line, in streaming, tutte le nostre produzioni.

• Quali sono gli vantaggi e svantaggi dello streaming?

Il teatro vive della presenza del pubblico in sala senza il quale è impensabile pensare di poter continuare a lungo. Il vantaggio dello streaming è quello di poter garantire una continuità alla professione, anche se in forma anomala e ridotta. Ciò che però viene riproposto dal piccolo schermo non è che una piccola parte di quel che realmente avviene sulla scena. Oltre a questo si perde tutto quello che è legato alle relazioni interpersonali. Andare a teatro vuol dire anche aperitivi, cene, parrucchiere, moda… socializzare, scambiarsi le opinioni nell’intervallo…
Al Coccia stiamo studiando e tra poco sperimenteremo una nuova formula che desterà interesse.

• Parliamo dei Suoi progetti come regista… ha sofferto gravemente anche Lei delle cancellazioni? C’è una possibilità di riprendere questi impegni in futuro?

Sono più di dieci le produzioni cancellate, spero di riprendere con l’inaugurazione di stagione al Teatro Municipale di Piacenza con il Barbiere di Siviglia.

• Per non chiudere con una realtà triste… sogniamo un po’… Se si potesse magicamente tornare alla normalità, o se preferisce, quando tutto tornerà alla normalità, qual è la prima cosa che intende fare? A parte una grande festa ovviamente!

Per me la festa è vivere il teatro nella sua forma completa, con tutti i posti occupati sino all’ultimo ordine, con tutti gli elementi in buca, il coro e le tutte parti in scena. Sentire il calore e gli applausi o le disapprovazioni del pubblico. Non mi occorre sognare altro.

15 novembre 2020

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Gli artisti sono lavoratori di serie B http://artisti.iteatridellest.com/2020/04/29/gli-artisti-sono-lavoratori-di-serie-b/ http://artisti.iteatridellest.com/2020/04/29/gli-artisti-sono-lavoratori-di-serie-b/#respond Wed, 29 Apr 2020 16:31:31 +0000 http://artisti.iteatridellest.com/?p=238 Intervista al Maestro Matteo Beltrami, direttore d’orchestra, per meglio approfondire le criticità che si sono presentate agli operatori dello spettacolo dal vivo e, nello specifico, del teatro. Siamo a due mesi dal lockdown, inevitabile decisione presa dal Governo sulla quale c’è poco o nulla da eccepire. Affrontata e non ancora conclusa la cosiddetta Fase 1, si è cominciato a parlare della Fase 2, vale a dire della riapertura scaglionata e

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Intervista al Maestro Matteo Beltrami, direttore d’orchestra, per meglio approfondire le criticità che si sono presentate agli operatori dello spettacolo dal vivo e, nello specifico, del teatro.

Siamo a due mesi dal lockdown, inevitabile decisione presa dal Governo sulla quale c’è poco o nulla da eccepire. Affrontata e non ancora conclusa la cosiddetta Fase 1, si è cominciato a parlare della Fase 2, vale a dire della riapertura scaglionata e controllata delle diverse attività produttive e commerciali. Va detto che il tessuto sociale si regge sulla sua stessa economia. Tra la più piccola realtà di carattere artigianale e la grande industria esiste una filiera (che spesso varca anche i confini nazionali) molto delicata che non può in alcun modo essere interrotta. Come si dice “la forza di una catena è determinata dal suo anello più debole”.

Negli interventi pressoché quotidiani da parte della Presidenza del Consiglio si è parlato della riapertura delle attività produttive, di quelle relative ai servizi, così come del commercio; si è anche cominciato a discutere dei luoghi di culto prestando molta attenzione alle parti in causa pur con la dovuta cautela e con forte senso di responsabilità.

Dati Istat rilevano una Forza Lavoro di circa 25 milioni di lavoratori in Italia, di cui dai 300.000 ai 400.000 trovano impiego nel mondo dello spettacolo. È un grande numero di professionisti e lavoratori dipendenti; ci si sarebbe pertanto aspettata una parola in merito all’apertura di un tavolo di lavoro e di discussione che desse speranza. Questo numero include centinaia di categorie professionali, anelli di quella catena che costituisce il tessuto socio-economico. È un numero importante di persone che attende una risposta dalle istituzioni su come e quando poter ricominciare.

Abbiamo incontrato il Maestro Matteo Beltrami, direttore d’orchestra, per meglio approfondire le criticità che si sono presentate agli operatori dello spettacolo dal vivo, e nello specifico, del teatro.


Maestro Beltrami, come si configurano le varie professioni nell’ambiente teatrale?

Ci sono i lavoratori dipendenti (professori d’orchestra, artisti del coro, attori, danzatori, comparti tecnici e amministrativi dei teatri assunti a tempo indeterminato), la maggior parte dei quali sono momentaneamente in cassa integrazione, i lavoratori autonomi e a Partite Iva (cantanti, strumentisti solisti, direttori d’orchestra, registi, scenografi, costumisti, coreografi, danzatori, mimi, artisti circensi ecc.).

 Di quali tutele beneficiano gli artisti che esercitano la libera professione?

I contratti che sono stati e saranno sospesi o annullati a causa del Covid-19 non prevedono alcuna forma di indennizzo. Questo significa che da marzo a una data che ancora non conosciamo, questi lavoratori non avranno alcuna fonte di reddito. Inoltre, in Italia, vengono versati i contributi per tutti i giorni di prova, ma è retribuito solo il giorno dello spettacolo. Questo significa che, se per qualunque motivo un artista, il giorno dello spettacolo, non è nelle condizioni di prendervi parte ovvero se lo stesso viene annullato per causa di forza maggiore, non solo non ha diritto ad alcun compenso, ma rimette di tasca propria tutte le spese sostenute per i giorni di prova (mi riferisco ai trasporti, vitto, alloggio e quant’altro). Questo è accaduto a molti artisti che a febbraio stavano preparando uno spettacolo mai andato in scena a causa del lockdown.

A tal proposito sono stati predisposti degli interventi da parte del Governo, come il Bonus da 600 euro (che dovrebbe salire a 800 per i mesi di aprile e maggio). Ritiene che sia una misura adeguata?

Riguardo al bonus da 600 euro del mese di marzo, è destinato a chi ha avuto nel 2019 un reddito non superiore ai 50.000 euro, ma con almeno 30 giornate contributive. Molti artisti, le cui giornate di preparazione dello spettacolo non sono contrattualizzate, hanno versato i contributi solo per i giorni in cui gli spettacoli sono stati rappresentati. Nel caso abbiano totalizzato nel 2019 un numero di presenze sul palcoscenico inferiore a 30 non avranno diritto al bonus. Così come non ne avranno diritto coloro che hanno prestato la loro opera all’estero; pur avendo versato le tasse in Italia, i loro contributi non risultano nel computo dell’Inps. Ci tengo a sottolineare che, a causa dell’emergenza Codiv-19, un gran numero di persone non hanno entrate dal mese di marzo e che probabilmente non ne avranno per i prossimi mesi;  versano in gravi difficoltà economiche perché nel 2019 hanno guadagnato molto meno dei 50.000 euro, ma non possono ricevere il bonus perché non hanno maturato più di 30 giornate contributive. Per molti artisti la situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che devono ancora ricevere i compensi per lavori svolti negli ultimi 2 anni.

In questi giorni si sente parlare spesso della clausola che prevede l’annullamento per “causa di forza maggiore”. Anche qui occorrerebbe fare chiarezza sulla sua reale applicabilità. Nel Codice Civile l’unico riferimento a questa definizione emerge esclusivamente dal principio che regola il rapporto tra albergatore e ospite (art.1785 C.C.). Nessun’altra circostanza è prevista. Siamo lontano anni luce dai rapporti che regolano ogni altro obbligo contrattuale. Esistono poi sentenze della Corte di Cassazione che creano quello che in giurisprudenza viene definito come “un precedente”. Nell’ordinamento giuridico internazionale emergono differenti posizioni per ogni Paese (approfondimenti). Ci sono serie possibilità che i contratti sospesi o annullati per Covid vengano in futuro recuperati?

Ovviamente è quanto tutti noi artisti speriamo. Se da un lato confidiamo in scelte dettate dal buonsenso, che non arrechino danni maggiori di quanto già stia facendo il Covid, è pur vero che il fatto che non sia mai accaduto prima d’ora che migliaia di scritture venissero cancellate in tutto il mondo e nello stesso periodo, potrebbe creare un precedente per riformare alcune clausole inerenti ai nostri contratti.

 A tutt’oggi la Fase 2 non prevede alcun provvedimento a favore dello spettacolo dal vivo e ciò ha gettato in uno stato di prostrazione profonda l’intera categoria. Nei giorni scorsi sono apparsi numerosi appelli che hanno diviso l’opinione pubblica: chi ha mostrato solidarietà verso le decine di migliaia di persone il cui ritorno al lavoro non è nemmeno ancora oggetto di discussione e chi le accusa di essere insensibili nel voler rivendicare i propri diritti, ritenuti addirittura frivoli, in un momento terribile come questo.

Cercare di analizzare lucidamente questa situazione per trovare punti fermi da cui ripartire in totale sicurezza, non vuol dire sminuirne la portata tragica né mancare di rispetto alle migliaia di vittime e a coloro che ne piangono la scomparsa. Purtroppo ci sono molti luoghi comuni che ancora circondano la figura dell’artista. Il fatto che il bene che produce non sia vitale o comunque indispensabile per i fruitori, ma sia invece legato ai loro momenti di svago, non significa che si tratti di un lavoro più facile e meno dignitoso di altri. Per un cantante, un musicista, un attore, un danzatore… insomma per tutti coloro che operano nello spettacolo dal vivo, quello che svolgono è un LAVORO al quale hanno sacrificato anni di studio, per il quale continuano a tenersi aggiornati, ad allenarsi e sul quale hanno costruito il futuro loro e delle loro famiglie. Non prendersene cura in questo momento, perché non sono ‘necessari’ o perché ci sono faccende più impellenti a cui badare, è una scelta poco intelligente perché significa creare un danno economico a migliaia di famiglie destinato a ripercuotersi poi sulla collettività.

 Personalmente sono dell’opinione che nessuno di coloro che criticano sarebbe disposto a vivere in un mondo senza cinema, senza musica, senza libri… in poche parole senza il bello, che è ciò che meglio distingue l’uomo dalla bestia. Si dirà che è solo una sospensione delle attività, ma va anche detto che questa chiusura a tempo indeterminato per molti potrebbe voler dire mettere la parola “fine” a quei sogni e a quelle speranze da cui trae linfa vitale l’intero mondo dell’arte. Proprio ripartendo dall’idea di quei pochi convinti che ‘di cultura non si vive’, potrebbe essere di aiuto fare un po’ di chiarezza riguardo alla filiera e all’indotto economico che si genera attorno allo show business.

Per sfatare questo luogo comune è opportuno fornire qualche dato interessante; prendiamo ad esempio il Coccia di Novara, un teatro di tradizione’ che ospita lirica, concertistica e prosa. Vi lavorano 16 dipendenti a tempo indeterminato; conta inoltre una media di 450 assunzioni a tempo determinato ogni un anno tra musicisti, attori, mimi, danzatori, tecnici specializzati aggiunti, ecc… Calcolando una media tra gli spettacoli prodotti dal teatro e quelli ospitati, si stima che ogni lavoratore a tempo determinato necessiti di rimanere in città per una settimana e, provenendo la maggior parte di loro da altre città, si possono contare più di 2000 giornate di indotto per le strutture che offrono ospitalità e ristorazione. La permanenza sul territorio dei lavoratori in trasferta assunti dal teatro genera mediamente una ricaduta economica di 180.000 euro annui.
Il Teatro inoltre alimenta una filiera produttiva che coinvolge al 42% fornitori novaresi e un 58% di nazionali e internazionali.
Questa filiera comprende
  • Fornitori di legnami, metalli, tessuti, parati, pitture e vernici, utensili e ferramentistica per la costruzione di scenografie, attrezzeria e realizzazione di costumi e accessori.
  • Fornitori di parrucche e make up.
  • Forniture di materiale elettrico ed elettronico (server luci, mixer audio, telecamere e proiezioni).
  • Forniture di materiale musicale (noleggio o acquisto spartiti, noleggio, trasporto e manutenzione di strumenti musicali).
  • Forniture di servizi di grafica, web e tipografia (libretti di sala, manifesti e cartelloni).
  • Forniture di servizi di trasporto e facchinaggio.
  • Forniture di servizi di pulizia.
  • Forniture di servizi pubblicitari.
  • Forniture di servizio di trasporto pubblico e privato degli spettatori.
  • Forniture di servizi di catering, bar, ristorazione e distributori automatici.
  • Utenze elettriche, telefoniche ecc…
  • Impresari teatrali, agenzie di rappresentanza, stampa ed editoria specializzata.

Il teatro Coccia ospita anche l’AMO (Accademia dei Mestieri d’Opera), nata per sua volontà nel 2018, e che, grazie alle idee innovative di Corinne Baroni – direttore del Teatro – e di Renato Bonajuto – direttore artistico dell’Accademia – si è vista assegnare un sostanzioso contributo vincendo un importante bando Cariplo.

Anche questa attività creerà un cospicuo indotto per il territorio dal momento che conta decine di persone tra docenti e allievi, provenienti da tutto il mondo, che soggiorneranno a Novara per un periodo prolungato.

 Oltre ai 28 Teatri di Tradizione e ai 14 Enti Lirici ci sono decine di Festival, teatri, compagnie di prosa e centinaia di cooperative e associazioni culturali.

Posso fornirle i dati di una piccola associazione culturale calabrese che nel 2019 ha organizzato più di una ventina di eventi tra opere liriche e concerti, contrattualizzando migliaia di giornate di lavoro per un totale di 200.000 euro, spendendone 100.000 tra tecnici, trasportatori, facchini, sarte, truccatori ecc., 70.000 per personale amministrativo e addetti stampa, 50.000 per rimborsi spese di vitto e alloggi e 20.000 per servizi necessari alla realizzazione degli eventi.

 Dunque, se lo spettacolo dal vivo si dovesse fermare per un lungo periodo (si parla addirittura di un anno), le perdite economiche non colpirebbero solo i lavoratori che ne fanno parte, ma anche le centinaia di realtà imprenditoriali a quel mondo collegate?

Certamente. Da comparti di grandi industrie a piccole realtà artigianali, tutti verranno danneggiati in misura più o meno importante.

 Quali altre misure si dovrebbero adottare per sostenere gli artisti in difficoltà e come possiamo conciliare l’attuale stato di emergenza sanitaria con l’impellente necessità di una ripartenza in totale sicurezza?

Spesso i teatri ritardano a pagare gli artisti perché aspettano gli arretrati – anche di alcuni anni – da parte di comuni e regioni. Occorre pertanto che tutti i soggetti che sovvenzionano il Teatro sblocchino i finanziamenti così che gli artisti possano finalmente ricevere i compensi loro dovuti. Occorre inoltre, fin da subito, allargare la platea degli aventi diritto al bonus di 800 euro anche a chi non ha maturato i 30 crediti e, se dovesse perdurare il lockdown, occuparsi seriamente di tutti coloro per i quali la mancanza prolungata di entrate causerà seri problemi nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda la ripartenza, occorre predisporre un calendario di ripresa delle varie attività di spettacolo da vivo le cui modalità di realizzazione rispondano a criteri di sicurezza sanitaria, definiti a livello nazionale, chiari nella loro interpretazione e attuazione. Nessun artista vuole mettere a repentaglio la propria salute, quella dei colleghi e quella del pubblico a cui è fortemente legato ma rimanere per mesi a casa senza lavoro non è l’unica soluzione al problema. Tantomeno la migliore.

Concludiamo citando l’art.3 della Costituzione: “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Roberto Cucchi

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“Cerco la luce sempre, in tutte le persone e cose” – intervista a Federico Longhi http://artisti.iteatridellest.com/2019/04/11/cerco-la-luce-sempre-in-tutte-le-persone-e-cose-intervista-a-federico-longhi/ http://artisti.iteatridellest.com/2019/04/11/cerco-la-luce-sempre-in-tutte-le-persone-e-cose-intervista-a-federico-longhi/#respond Thu, 11 Apr 2019 16:18:28 +0000 http://artisti.iteatridellest.com/?p=228 a cura di Roberto Cucchi Abbiamo raggiunto al telefono Federico Longhi, sempre in corsa e presissimo tra una produzione e l’altra, per porgli qualche nuova domanda. Dove ti trovi al momento? A Genova per la produzione di Gianni Schicchi In realtà saremmo curiosi di conoscerti, come si suol dire, un po’ più da vicino: come ti definiresti in tre aggettivi? solare, spiritoso, decisivo… Sei religioso? si assolutamente, la mia vita

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a cura di Roberto Cucchi

Abbiamo raggiunto al telefono Federico Longhi, sempre in corsa e presissimo tra una produzione e l’altra, per porgli qualche nuova domanda. Dove ti trovi al momento?

A Genova per la produzione di Gianni Schicchi

In realtà saremmo curiosi di conoscerti, come si suol dire, un po’ più da vicino: come ti definiresti in tre aggettivi?

solare, spiritoso, decisivo…

Sei religioso?

si assolutamente, la mia vita segue due Credo, religioso e artistico

Quali sono le tue paure?

paura di affogare, adoro l’acqua mi tufferei in pieno oceano ma poi ? (ahhaahh)

Quali le tue certezze?

beh, l’unica certezza è l’Amore nel senso più elevato del termine

Cosa ti rende felice?

la natura, la sua bellezza, la luce che emana in ogni sua stagione. La luce mi rende felice, cerco la luce sempre, in tutte le persone e cose. Purtroppo spesso trovo il buio, allora esco mi allontano e continuo la mia strada, la mia ricerca.

Cosa invece ti rattrista?

l’impotenza, non poter far qualcosa per aiutare per risolvere. Mi rattrista la cattiveria, lo sporco, l’ignoranza.

Ti ritieni fortunato?

si molto e per questo ringrazio sempre.

Sei superstizioso? Hai un portafortuna che tieni con te?

assolutamente NO

Ti conosciamo anche come un ottimo cuoco, fortemente legato alla tua terra, la Valle (d’Aosta) come la definisci amorevolmente, e alla tradizione

Beh, terra unica forte potente piena di energia, nella quale torno vivo e mi ricarico. Dal punto di vista enogastronomico la difendo la valorizzo, la promuovo sempre.

Da dove nasce la tua passione per la cucina?

Nasce sin da piccolo, ho sempre spadellato poi pian piano ho imparato a cucinare sino all’esperienza in ristorante per 4 anni, troppo bella divertente e formativa, tutt’ora cucino e sperimento nuove combinazioni alimentari.

Qual è il piatto a cui non sai rinunciare?

la lasagna… adorooooo,  poco valdostana ma molto buona…ovvio, ho  la mia variante Val d’Aosta style, aggiungere della Fontina nella besciamella. Top!

Cosa non manca mai nel frigorifero di casa tua?

Il prosciutto cotto…. cotto al vapore, artigianale, c’e un macellaio qui vicino casa che lo produce…. e poi il Bleu d’Aoste un formaggio erborinato Valdostano appunto, lo puoi abbinare facilmente, largo alla fantasia

Per restare in tema di tradizione, e d’arte, potendo scegliere: Regie-Theater o Teatro di tradizione?

Beh tutto si può fare, importante è mai snaturare mai uscire dalla vera storia sempre contestualizzare 

Come vivi durante i soggiorni di lavoro?

bene, cerco di conoscere il più possibile la città… il luogo, cammino molto, mi perdo e mi ritrovo, cerco di conquistarla da solo, mi piace assai mi rende forte e sicuro per poterla vivere meglio.

Qual è la tua dieta?

EEEEEHHHHH?????? che vuol dire?? (ahahaha) tasto dolente assai… comunque ora da una anno e più seguo un semi digiuno, cioè dopo le 18  non tocco più cibo, e qualora capitasse recupero il giorno seguente, ciò mi ha portato molto benessere psicofisico.

Quali le tue frequentazioni?

beh frequento gli amici le persone a me care, con le quali sto bene. Almeno nel privato scelgo con chi stare.

La famiglia. Come impatta la tua professione con quelli che sono i tuoi rapporti affettivi?

beh convive a pari passo, ormai dopo venti e passa anni tutto procede, sacrifici sempre, ovvio, ma fanno parte della vita.

La persona che più di altre ha lasciato un segno tangibile nella tua vita?

direi Le persone, al plurale, ognuno di  loro ha lasciato molto e continua a lasciare, certe non ci sono più altre sono passate andate, altre sono da sempre per sempre.

Oggigiorno la professione di artista lirico richiede una maggiore flessibilità rispetto al passato nel passare rapidamente da un ruolo all’altro, cosa che a te riesce con estrema facilità. Penso a Gianni Schicchi, piuttosto che Amonasro in Aida o a Enrico nella Lucia di Lammermoor, piuttosto che Guy de Montfort ne Les vêpres siciliennes o Ping nella Turandot, questo spostandoti da Wurzburg a Genova, da Verona a Palermo e a Novara, e via discorrendo in continui andirivieni. In cosa trovi le energie per affrontare quelle che potremmo definire come le sette fatiche di Ercole?

beh, l’energia viene dal fatto che ci siamo, che c’è lavoro che i teatri ti cercano, ti senti voluto, e quindi hai voglia di dare, la testa fa molto, ha il potere di bilanciare e calibrare il tutto, poi certo ci vuole il riposo il silenzio, lo stop, e poi via più carichi di prima.

Come dicevi, ora ti trovi a Genova per il ruolo del titolo di Gianni Schicchi. Vuoi raccontarci qualcosa in merito a questa produzione… qualche anticipazione?

Esperienza unica, col Grande Panerai, che Mito, un’artista come lui che ha creato la regia ma al tempo stesso ti segue come cantante come musicista come uomo… che fortuna questa… unica direi. Altro valore aggiunto è Valerio Galli, direttore, ci si conosce da lungo tempo ormai… ora essere da lui diretto è bello ed emozionante. Grazie per tutto questo.

Un piatto genovese che ami particolarmente?

la cima ed il pesto…mmmmm

Presto un nuovo debutto in Tonio ne i Pagliacci al Teatro Massimo di Palermo, aspettative?

nessuna… spero di poterlo rendere al meglio, ruolo top, già solo presentandosi col Prologo, bella botta, e poi tutta l’opera basata sul teatro sulla parola, sono molto felice e grato, non vedo l’ora.

Anche qui, un piatto palermitano irrinunciabile?

oh sluuuuurp, tanti buoniiiii, gli aneletti al forno, e la bistecca arrosto, adoro.

Il ruolo già debuttato che più ami?

Rigoletto, Falstaff.

Quello che vorresti debuttare?

Jago, Scarpia.

Abbiamo compiuto qualche passo avanti nella conoscenza di questo straordinario artista che amiamo particolarmente, e non è un caso l’aver voluto condire quest’intervista con qualche ghiottoneria culinaria a completamento di quella che definirei la delizia dei sensi. Federico lo abbiamo sentito cantare, lo abbiamo visto muoversi sulla scena e, arte aggiunta al valore, lo abbiamo conosciuto in cucina dove gusto, aroma e tatto hanno fatto il resto!

Roberto Cucchi

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